“Za Peppa”, una storia all’origine della mafia

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COSENZA – Dalle cronache di Duisburg alle cronache della mafia di un secolo fa non sembra passi troppa distanza. E una vecchia cronaca di mafia, mista a folklore e immaginazione, può tornare utile a leggere la realtà. È questo il caso della storia di “Za Peppa”, antico boss della città bruzia, consacrata in un testo presentato ieri a Cosenza.
Il libro  “Za Peppa. Come nasce una mafia”, pubblicato da Coessenza Edizioni, scritto da Claudio Dionesalvi, con l’introduzione di Paride Leporace e la prefazione di Eugenio Furia, propone anche i documenti d’archivio, ritrovati da Maria Spadafora.
La storia e gli autori sono cosentini, così come la neonata casa editrice che pubblica con “Za Peppa” il suo secondo testo. Si tratta di un esperimento nato tra le mura del centro sociale cosentino “Ex villaggio del fanciullo” durante i laboratori di scrittura che hanno prodotto una raccolta di racconti dal titolo “Contraria”. L’esperimento di pubblicazione “dal basso” dunque continua con uno “scrittore movimentista” come Claudio Dionesalvi, profondamente legato alle vicende cosentine e conosciuto in città.
La storia è ambientata all’inizio del secolo scorso, quando Francesco De Francesco, soprannominato “Za Peppa”, diventava il primo vero boss della malavita di Cosenza. In città il suo clan dominava incontrastato. Era, quella d’allora, una criminalità organizzata che spesso si affidava ad uomini goffi ed a sicari improbabili, eppure coltellate ed agguati erano all’ordine del giorno.
Dell’attualità di “Za Peppa, come nasce una mafia”, nella prefazione di Eugenio Furia si legge: «Più che a un trial-book è un romanzo (storia + tempo, con la cronaca a fare da collante) nonché un mini saggio di linguistica. L’evento nodale è ben raccontato, privo di messaggio e morale ma semmai con un sottotesto indotto: il “tutto cambia perché nulla cambi” gattopardesco. E una domanda che ci si può porre appena si chiude il libro: è cambiato davvero qualcosa in un secolo?».
Il testo è ricco di documenti d’epoca, come la “Lettera inviata da un anonimo ammiratore ai detenuti della Mala Vita cosentina. Sequestrata dai carabinieri durante un’udienza del maxiprocesso nel gennaio 1903”, che s’incontra tra le prime pagine del testo.
Nella prefazione si parla del documento come «una summa di maschilismo e lassismo complice (oltre che omertà: «Colui che sarà tanto cortese da stampare queste povere righe correggerà qualche errore e sarà pregato anche che sopra chi lo ha scritto non citasse il nome»…) filtrati da un amore per il folklore, il gesto spaccone, il coupe-de-theatre simile a quello che rese Mario Merola il beniamino dei “vasci”».
Insieme agli autori del testo che vuole arrivare “alle origini della mala vita cosentina”, alla presentazione sono chiamati a intervenire l’avvocato Tommaso Sorrentino e l’attore Silvio Stellato.
Nicoletta Fascetti Leon
Calabria Ora, 18 dicembre 2007

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