Repressione alla cosentina

(Dedicato a Paoletto, un compagno che ha perso il lavoro per colpa della digos di Cosenza).

Il 15 gennaio comincia presto la giornata della digos. Deve dirigere le operazioni di vigilanza intorno all’evento. Nell’università della Calabria, ad Arcavacata, arriva il presidente Napolitano in visita ufficiale.
Prima di uscire di casa, funzionari e gregari dell’ufficio politico indossano il completo scuro delle grandi occasioni. Dall’epoca dei poliziotti proletari osannati da Pier Paolo Pasolini, sono passati più di quarant’anni. Altro che camicie sudate, suole consumate e pantaloni sgualciti! Adesso siamo nell’era di “A.C.A.B.”, l’impietoso libro di Carlo Bonini che descrive la realtà odierna della polizia italiana. Ci sono sbirri di serie A e sbirri di serie B, c’è chi se la spassa e chi si lancia nella mischia.
Orologio rolex, scarpino modello malavita ultima moda. E poi il tocco di classe: la cravattona elegantissima che possono sfoggiare solo i servitori dello Stato dotati di gran classe e ottime referenze. Ci sono le televisioni. Arrivano i colleghi della digos da Roma. Bisogna fare bella figura.
Dopo la riunione col questore, gli agenti si precipitano ad Arcavacata. Devono pattugliare le strade, controllare i blocchi, coordinare il reparto mobile. Va bene pure il dialogo con autonomi e studenti che contestano l’inaugurazione dell’anno accademico, ma in caso di intemperanze, una bella scarica di manganellate li farà ragionare, come già si è fatto tante volte con gli ultrà allo stadio.
Come quella notte di primavera nel 2004, quando alla stazione di Paola si tentava di costringerli tutti a comprare il biglietto del treno. Erano circa 500, volevano andare a Roma per protestare contro la cancellazione del Cosenza Calcio. Una metà di loro aveva il biglietto. Gli altri no. Era già pronta la “celere” alle porte del paese. Bastò un segnale, e alle 4 del mattino i colleghi ripulirono le strade, scatenando l’inferno, inseguendo gli ultrà fino a costringerli a buttarsi in mare.
Comunque adesso qui ad Arcavacata è tutta un’altra storia. Bisogna riportare a casa un risultato: che gli studenti dell’Onda protestino pure, ma sotto vuoto, lontani dal presidente e dall’aula magna.
Sul ponte dell’università, una stretta di mano con i colleghi romani. La dirigente dell’ufficio riservato del Quirinale è una tipa tosta: faccia butterata, parlata borgatara e pistola sotto la gonna. Lei e quelli della digos cosentina si erano conosciuti al tempo degli arresti dei No Global, quando l’Onorevole amiiico chiese in parlamento un encomio per gli eroici agenti dell’ufficio politico responsabili della brillante operazione contro il Sud ribelle. Quella volta, loro erano persino partiti per accompagnare l’Onorevole fino a Montecitorio. Poi non se ne fece nulla. Niente encomio e nessun avanzamento di carriera. Perché quei maledetti “terroristi” mobilitarono migliaia di persone. E alla fine furono addirittura assolti dal tribunale di Cosenza. Una sconfitta in casa. Incredibile! Contro i Noglobal, che adesso se ne vanno in giro strafottenti, senza che nessuno li può prendere a calci nelle gengive. I Noglobal, gli ultrà, e mo’ pure gli studenti di Arcavacata: le vere cancrene di questa città.
Ma mentre si sta dissertando su siffatte e argute considerazioni con la collega romana, poco dopo essere stati valorosi protagonisti della rimozione forzata di uno striscione che recava l’ingiuriosa frase: “Non c’è un cazzo da inaugurare”, proprio nel momento più bello, quando sta passando il presidente… sacrilegio: un drappello di contestatori riesce ad aggirare i cordoni. Bisogna fermarli: “Ragazzi, oggi non è giornata, andate via”. E invece quelli urlano e si agitano. Lanciano slogan ed espongono altri striscioni. Alle minacce della digos, rimangono impassibili e vanno avanti con l’azione di protesta. La dirigente della superdigos romana glielo fa notare: “ahò, colle’, ma come ve fate tratta’? Che? State invecchiando?” Addirittura li sfotte: “Voi sì che siete poliziotti democratici!”. Sono parole pesanti che tramortiscono agenti e funzionari della questura di Cosenza. Rimbomberanno nelle loro teste fino al giorno dopo. A loro, che da anni difendono l’onore della polizia italiana dagli attacchi di questi pericolosi sovversivi…
Ed allora è lì che glielo dicono chiaramente a quei quattro “rifiuti umani”: “Ve la faremo pagare”. In un carcere speciale non ce li possono mettere. Però una bella grana si può sempre piantare.
L’indomani in ufficio è già pronta una bella denuncia per cinque estremisti, una di quelle denuncione impegnative e sudate che andavano di moda all’inizio degli anni novanta: resistenza, aggressione a pubblico ufficiale, radunata sediziosa… Ecco qua. Così non si prenderanno più certe licenze. ‘Sti quattro esagitati. Questa “gentaglia”.
E finalmente a Cosenza regneranno ordine, sicurezza e legalità.
Perché loro sono la digos, poliziotti di classe e d’autorità, come quel Collega, l’ispettore protagonista del film: “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto”… «Qualunque impressione faccia su di noi, egli è un servo della legge, quindi appartiene alla legge e sfugge al giudizio umano».
Claudio Dionesalvi
Appunti di Sopravvivenza, 25 maggio 2009
Radio Ciroma 105,700
nota del lunedì
www.ciroma.org

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