lettera aperta
la polizia giudiziaria mi ha consegnato un decreto penale di condanna per diffamazione a mezzo stampa. A sporgere denuncia è stato Lei, il vescovo in persona, perché si è sentito offeso da un articolo apparso nel maggio 2008 su “Tam Tam e Segnali di Fumo”, il giornale degli Ultrà Cosenza, di cui sono direttore responsabile. Secondo l’accusa, non avrei vigilato sui contenuti presenti in un servizio che prendeva le difese di padre Fedele Bisceglia e stigmatizzava il comportamento tenuto dalla Chiesa cosentina nella vicenda che ha portato all’imputazione del frate.
Vorrei rivolgerLe alcune domande. Quale principio ritiene di difendere, chiedendo l’intervento del braccio secolare della giustizia affinché io sia condannato da un tribunale di questo Stato? Sarò punito perché non ho voluto compiere un atto di delazione? Non ho infatti rivelato alla polizia il nominativo di chi ha scritto l’articolo. Ritengo che la richiesta di indicare l’autore di un testo rappresenti di per sé un atto gravissimo, previsto da una normativa concepita per limitare il diritto d’opinione.
Pare inoltre che Lei sarebbe disposto a ritirare la querela, purché io scriva una lettera di scusa. Piuttosto che “abiurare”, già in passato ho preferito finire davanti ad una corte d’Assise. Adesso sarei pronto persino a farmi bruciare sul rogo. Mi creda: non è un atto di indisponibilità nei suoi confronti. Si chiama: dignità umana.
Ma poi perché dovrei chiederLe scusa? Di quale colpa mi sarei macchiato? Avrei forse dovuto esimermi dal tutelare le opinioni di una persona che la pensa diversamente da Lei? È mio fermo convincimento che la libertà di pensiero è un principio inalienabile. Nel caso specifico, Lei pensa che sarebbe stato giusto censurare le idee di una fetta consistente dei miei concittadini? Tutti sanno che a Cosenza, a ragione o a torto, moltissimi Cosentini e Cosentine ritengono che padre Fedele non si sia macchiato di quell’orribile delitto. C’è anche chi ipotizza che alle sue spalle sia stato ordito un complotto. Saranno i tribunali a pronunciare l’ultima parola. Rimane il fatto che questa opinione è diffusa. Ed è opinione anche mia. Su Tam Tam è stata pubblicata sempre nel rispetto verso la suora che ha denunciato padre Fedele. Si può ancora esprimere liberamente tale punto di vista, oppure c’è il rischio di ritrovarsi la polizia giudiziaria sotto casa?
Non posso accettare che proprio Lei rivendichi il principio della responsabilità oggettiva, in base al quale dovrei essere punito anche senza aver commesso un reato. Se a scuola, entrando in aula, trovassi un vetro rotto, sarei io un buon insegnante qualora punissi tutta la classe pur di estorcere ai ragazzi il nome del loro compagno che ha rotto il vetro? La prego di interpretare tale metafora in modo parziale. Non sono “alunno” Suo. Pur essendo stato educato in una famiglia cattolica, non riesco più a trovare un Dio in cui credere. Tuttavia, “Tam Tam e Segnali di Fumo” è nato 21 anni fa, ed esiste ancora, solo per dar voce ai senza-voce. Speravo che Lei ed io, almeno in questo, stessimo dalla stessa parte.
Ho già dato mandato al mio difensore, l’avvocato Maurizio Nucci, di presentare opposizione al decreto penale che mi condanna. Ci sarà un processo. Eppure quella domanda continua a girarmi nella mente… monsignore, perché tanto rancore?
Claudio Dionesalvi
Cosenza Sport, febbraio 2009
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