Chiù Sila ppe’ tutti

Mille persone varcano il cancello di un villaggio abbandonato da nove anni. Si intrecciano piccoli prodigi umani in un venerdì di luglio sulla Sila, nel cuore montagnoso di Calabria, in riva al lago Cecita, zona “Cupone”.
Franco, per esempio, è un dipendente statale innamorato del posto in cui ha lavorato per anni. Era il custode nel ‘96, quando il monopolio di Stato ha chiuso definitivamente questo mastodontico centro vacanze che sin dagli anni cinquanta ospitava dipendenti, colonie estive e scolaresche. Lui non si è mai mosso. Abbandonata Roma, è venuto giù con tutta la famiglia. Vive qui e lavora da queste parti. Si commuove nel veder passare il fiume di bandiere rosse che scorrendo per tre giorni in mezzo ai pini apre una campagna contro il disegno governativo di “cartolarizzare”, cioè svendere, sia questo, sia molti altri immobili.
Nel corteo che si riappropria temporaneamente della struttura c’è un ex ragazzo, figlio di un operaio, cresciuto in mezzo ai boschi silani. Da bambino vendeva cestini di pigne intrecciate. Si chiama Massimo Covello, legge Marcos, si professa antiliberista, parla di conflitto sociale ed è il segretario generale della Cgil di Cosenza. La locale Camera del lavoro raccoglie 30mila iscritti. Anche grazie a lui, non è un ufficio infestato da impiegati sonnolenti.
“Massimino” è raggiante: “La straordinaria riuscita della mobilitazione dimostra che è possibile l’avvio di una vertenza sul recupero dei beni comuni, sulla difesa degli usi civici come leve di un’altra Calabria possibile. In assoluta coerenza con un patrimonio storico mai venuto meno, le popolazioni silane sono state protagoniste di tre giorni esaltanti di lotta sociale e politica. Mi auguro che la giunta regionale calabrese riesca ad interpretare la nostra domanda di cambiamento. Dal governo nazionale ci aspettiamo la comprensione di un’azione di legalità dal basso che non consentirà più che beni dall’altissimo valore come la ex colonia rimangano chiusi o abbandonati o subiscano mercificazioni speculative”.
Ma i “miracoli” non finiscono qui. E per studiarne da vicino l’alchimia sociale, sono venuti di persona parlamentari come Loredana De Petris, Pietro Folena, Nuccio Iovene, Mario Oliverio, che si alternano al microfono nelle intense assemblee di campo.
A pochi passi, due “Marie” a braccetto ballano la tarantella. Una è di Spezzano, ha 71 anni, porta al collo un fazzoletto rosso garibaldino. L’altra non supera i trenta, fa la mediattivista ed è una dei “Noglobbi”.
Profumo di Kebab cucinato dal curdo Talip e da quelli della Kasbah presenti al completo, si confonde con “u ‘usciularu” – il guanciale – preparato alla brace dai forestali di San Giovanni in Fiore. Vino, cipolle e peperoncino ovunque.
Adesso tutti aspettano l’ultima magia. La rivoluzione ci sarà se Antonio Albanese verrà in questo villaggio abbandonato, in mezzo ai pini larici, a lanciare il suo urlo di battaglia, magari riadattato…“chiù Sila ppe’ tutti”.
Claudio Dionesalvi
La Voce dei Lavori, giugno-luglio 2005

No Comments Yet.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *