«Un’agenzia comunale per il lavoro»

Cosenza come la Francia. I disoccupati preparano la loro battaglia, urlando parole nuove, formulando richieste inedite. Si è costituito ieri il comitato cittadino dei senzalavoro. L’annuncio è stato dato al termine di un’assemblea tenutasi presso la sede della quarta circoscrizione. Una sessantina i partecipanti, provenienti da zone diverse della città, accomunati da una forte diffidenza verso le organizzazioni sindacali tradizionali. I disoccupati cosentini riprendono le tensioni degli shoumers, i senzalavoro francesi, che nelle ultime settimane hanno dato vita ad un ampio movimento. Una forte anomalia si è presentata agli occhi di chi ieri ha partecipato all’assemblea. Sui cartelli che abitualmente espongono i disoccupati, lo slogan ricorrente è: “vogliamo un lavoro”. Invece, i senzalavoro di Cosenza si battono per un reddito, possibilmente sganciato dal lavoro.
Lo conferma Massimo, 42 anni, insegnante precario, che introduce l’assemblea: «È noioso trascorrere la propria giornata avendo come lavoro la ricerca di un posto. Spesso si finge di lavorare per non fare nulla. Noi vogliamo un reddito non per non far nulla, ma, al contrario, per fare quello che ci piace». Interviene Anna, 26 anni, impiegata a tempo determinato: «È riduttivo parlare solo di disoccupazione, perché in giro esistono migliaia di lavori intermittenti, precari, a nero. Il reddito che chiediamo non deve essere un assegno sociale come in nord Europa, ma si può conquistare, ottenendo il diritto ad usufruire di servizi gratuiti».
Una posizione analoga la esprime Andrea, 26 anni, studente universitario: «La diminuzione del lavoro dipende dalla trasformazione tecnologica. È assurdo che una persona capace di produrre musica debba finire in una fabbrica a consumare la sua esistenza. È arrivato il momento di riappropriarci di una ricchezza che viene distribuita in forma parassitaria». Le parole di Andrea trovano conferma in quelle di Pericle, 32 anni, che ama definirsi lavoratore “postfordista”: «In questo momento, mentre stiamo parlando, dall’altra parte della città si sta svolgendo una passerella di assessori. Discutono sui corsi di formazione professionale. Miliardi buttati al vento per preparare al lavoro gente che non lavorerà mai. Il potere potrebbe spendere diversamente quei soldi».
Dal fondo della sala Sandro, 36 anni, disoccupato, urla: «Non capisco, come si ottiene il reddito di cui parlate? A me basterebbe avere un lavoro».
Gli fa eco una ragazza bruna: «Con un sussidio di 300mila lire non si ottiene nulla».
Pronta la replica di Giovanni del SinCobas: «Negli altri paesi i sussidi sono molto più alti. Il problema è legare la nostra lotta a quella del movimento operaio. Le 35 ore sono una battaglia giusta, ma il piano del lavoro previsto per la Calabria deve essere collocato dal basso».
Un altro Andrea, geometra a spasso, 36 anni, non ha peli sulla lingua: «Ho provato persino con i prestiti d’onore, ma si sono rivelati una truffa. La nostra voglia di operare potrebbe partire dal centro storico, dove nei lavori di ristrutturazione si stanno consumando veri e propri misfatti. E facciamola finita con i politici di mestiere, che hanno fatto solo danni».
Infine interviene Oreste, dello SlaiCobas: «Mi limito a ribadire lo slogan francese: “Chi semina miseria raccoglie collera”». Mentre l’assemblea si conclude, i promotori diffondono un volantino scritto in dialetto. Lo sforzo di comunicare si risolve in una piattaforma limpida: «Vogliamo un reddito di cittadinanza, servizi gratuiti, come il cinema, il teatro e i trasporti. Proponiamo l’istituzione di un’agenzia comunale per il lavoro». Appuntamento venerdì 6 marzo alle 10,30 nella quarta circoscrizione. Quel senso di avvilimento che affligge i disoccupati lascerà il posto alla prima uscita in piazza.
Claudio Dionesalvi
Il Domani, 5 marzo 1998

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