«Una comunità di artisti»

ACRI – Don Lorenzo Milani è stato uno degli uomini più grandi del nostro tempo. Un predicatore che ha contribuito a modificare la coscienza collettiva, lasciando in eredità tante parole. Una di queste ha viaggiato nel tempo e nello spazio… ed è arrivata ad Acri.
«Solidarietà» è un termine diffusissimo, onnipresente nel gergo dei partiti politici, ma purtroppo per molti rimane un semplice significante. Gli uomini e le donne che hanno contribuito a far vivere la cooperativa sociale “Don Milani” di Acri dedicano il proprio tempo alla non facile impresa di mettere in pratica la parola “solidarietà”. Nata sedici anni fa, la cooperativa è riuscita ad abbracciare bisogni e aspirazioni di una vasta area di soggetti
L’obiettivo iniziale era il coinvolgimento dei disabili nella vita sociale e lavorativa, ma in breve tempo il bisogno di autonomia e la grande voglia di abbattere i muri dell’emarginazione, hanno spinto i promotori della “Don Milani” ad allargare gli orizzonti del loro progetto. Coloro i quali vengono definiti portatori di handicap sono stati inseriti nella riqualificazione e tutela dell’ambiente urbano; i bambini più disagiati hanno trovato nella cooperativa un valido punto di riferimento; le persone “invisibili” sono entrate in contatto con un luogo di aggregazione spontaneo, fondato sui valori della dignità umana. Alla fine, senza volerlo, è nata una comunità di artisti. Operatori ed “utenti” della “Don Milani” sono diventati un unico corpo ed oggi è possibile vederli all’opera ogni martedì, nel loro laboratorio di artigianato, nel cuore di Acri.
Un sito internet, una fiaba in Cd-Rom e tante pietre, modellate, dipinte secondo i colori delle pulsioni più elementari. Un ragazzo, Claudio, che non si separa mai dalla sua fisarmonica. Una presidentessa, Giuseppina De Luca, accoglie il visitatore con un sorriso disarmante. Giuseppina apre il cassetto dei sogni e spiega: «Ora vogliamo creare una casa famiglia integrata e aperta a tutti. Una casa che per nessuna ragione deve assomigliare a un ghetto, a un istituto, a un ospizio, a un orfanotrofio; vogliamo creare una casa per chi non ce l’ha o per chi, come noi, quando sarà solo sceglierà di condividere, con coerenza e amore, la propria vita con gli altri». Hanno le idee chiare, quelli della “Don Milani”. Il più inquieto è Nello Serra, animatore inesauribile, “animale sociale”, figlio di contaminazioni filosofiche molto alte.
Nello parla come un fiume in piena e descrive il senso dell’agire comunitario: «Non vogliamo sostituirci alle istituzioni. Né ci interessa essere lo strumento per risolvere le contraddizioni delle famiglie. Accoglieremo il bambino disabile, ma deve venire insieme a sua madre, così come gli anziani devono essere accompagnati dai figli e gli etilisti dalle famiglie. È facile creare un ghetto. Il problema è mantenere una porta sempre aperta sul mondo. Il nostro principio è stato e sarà quello dell’autoconvocazione, perché bisogna abbattere i muri dell’assistenzialismo e della passività».
Riuniti intorno a un tavolo, come una grande famiglia, i cooperanti della “Don Milani” discutono, fanno autocritica e preparano le prossime iniziative: «Andiamo in giro a vendere i nostri prodotti artigianali. Il 28 novembre realizzeremo una festa dedicata alla creatività e alla solidarietà». Al termine della chiacchierata, il cronista ha il taccuino zeppo di appunti e tanti volti sorridenti, conficcati nella memoria visiva. Varcando la soglia per uscire, si avverte la sensazione di aver fatto sempre parte di quella comunità.
Claudio Dionesalvi
Il Domani, 1 novembre 1998

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