La meta della scuola

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Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha nominato un gruppo di esperti per “aggiornare” le indicazioni nazionali, che sarebbero i vecchi programmi ministeriali, già ritoccati più volte negli ultimi due decenni (in Un’unica comunità planetaria Franco Lorenzoni spiega perché l’operazione non fa presagire niente di buono). Chissà se i suoi esperti gli suggeriranno di valorizzare alcuni degli strumenti educativi che molte scuole hanno già adottato negli ultimi anni. Sono le pratiche sportive basate su uno scontro regolato da rispetto e lealtà.
“Noi abbiamo inserito il rugby nelle attività pomeridiane della nostra scuola. Sta avendo un successo entusiasmante tra i ragazzi. Sono molto motivati, soprattutto quelli provenienti da contesti sociali e familiari difficili”, spiega Massimo Ciglio, dirigente scolastico dell’istituto comprensivo Spirito Santo di Cosenza (composto da sette plessi presenti sia nel centro della città che nel quartiere popolare Spirito Santo della “Cosenza vecchia”), istituto noto anche per la sua esperienza di scuola aperta partecipata.
È domenica. Il preside parla a bordo campo, durante una delle manifestazioni periodiche, organizzate dalla Polisportiva IC “Spirito Santo” Rugby Cosenza, in collaborazione con altre società dell’area urbana. Genitori presenti al completo e clima di festa vera: a turno centinaia di giocatori e giocatrici dai 6 ai 14 anni riempiono la prateria rettangolare, orientata dalle classiche porte coi pali alti, rivolti al cielo. In mezzo ai suoi allievi, il più ragazzino di tutti è Sandro Gaito, maestro e allenatore, una vita trascorsa nel rugby. Non perde d’occhio i ragazzi neanche per un istante. Ed emana gioia quando li vede darsi pacche sulle spalle, stringersi le mani, durante il terzo tempo. Con lui, Billy Faggio, docente di Scienze Motorie, figlio d’arte nello sport (il papà era il compianto Pino Faggio, calciatore negli anni sessanta, cresciuto nell’Inter, poi passato al Cosenza). Billy riconosce che sul piano educativo, col calcio qualsiasi paragone sarebbe improponibile: il rugby è davvero tutta un’altra storia. La manifestazione finisce tra gli abbracci. Non ci sono padri che minacciano il mister, non devono intervenire i carabinieri per dividerli, nessuno impreca contro i ragazzini in campo. È una mattinata di scuola anche questa; una scuola che oltre ai contenuti didattici prova a effondere educazione senza imprigionare gli alunni per sette interminabili ore dietro un banco, che poi è il metodo più pratico e diffuso per evitare che si facciano del male e che ne scaturiscano rogne per gli insegnanti. L’immobilità è il migliore deterrente contro i danni. Ma non educa. Genera frustrazione e riduce le scuole a carceri o allevamenti di bestiame.
Tra insegnanti, studenti e genitori, sono in tanti a essersene accorti, ma nelle scuole si discute poco, ormai. Negli organi collegiali si parla sempre meno di innovare la didattica dei contenuti e la cura dei comportamenti. Si chiama “frinio” il verso dei grilli. Ce ne sono milioni, parlanti, intorno alle scuole. Piuttosto che frinire, preferiscono affidare ai social le loro considerazioni. Hanno un gran lavorio negli ultimi anni, gli esperti di età evolutiva e i pedagogisti. Ogni volta che per le strade succede qualcosa di grave, scatta il ritornello: “La scuola ha fallito”. Oggi tutti si aspettano miracoli dal sistema d’istruzione pubblica. Non si capisce però come possano essere educati i ragazzi nelle classi, se maleducato è il mondo esterno. Pensiamo, tanto per fare un paio di esempi, al rapporto tra adulti e raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani o all’uso della telefonia mobile. In entrambi i casi, gli effetti negativi dei comportamenti più diffusi farebbero rabbrividire Dylan Dog. L’immondizia è lanciata dalle auto in corsa o scaricata agli angoli della strada; il 24 per cento degli incidenti stradali è causato da guida col cellulare. Eppure tutti pretendono che sia la scuola a “educare”, cioè a prevenire questi mali, dimenticando che i ragazzi vivono le loro esistenze soprattutto all’esterno delle pareti scolastiche. Ed è fuori dalle aule, mediante i cellulari, nelle proprie case o nei quartieri in cui vegetano, che assimilano stili di vita, comportamenti, sistemi di relazione, spesso improntati all’egoismo, alla sopraffazione e al raggiro, orientati dai rancori di una borghesia in via di declassamento o dalla micro e macromalavita.
“Si insegna troppa roba, a che serve studiare i dinosauri?”, ha detto Valditara qualche giorno fa. Chissà se oltre a eliminare la preistoria, finirà di abbattere pure l’insegnamento della storia, già ridotto a pochissime ore persino nei licei. È difficile comunque che reintrodurrà il sabato fascista. Non per altro, sarebbe impopolare. In Italia, il 33 per cento della popolazione è in sovrappeso. Quindi l’imposizione di attività paramilitari diverrebbe un martirio per metà della popolazione scolastica, insegnanti inclusi. E poi è vero che per fare la guerra servono ancora tante giovani vite da macellare, ma non più eserciti formati da grandi masse. Ormai, per uccidere e distruggere, si usano in prevalenza i droni. In un suo libro illuminante, La scuola va alla guerra, Antonio Mazzeo fa notare che “si assiste oggi a un soffocante processo di militarizzazione delle istituzioni scolastiche e degli stessi contenuti culturali e formativi”.
Rugby e pugilato sono invece metafore di una forma sostenibile del conflitto. Sono pratiche sportive rudi ma garbate, non finalizzate all’eliminazione fisica dell’avversario, bensì al rispetto verso la persona. Può anche capitare che qualcuno dei ragazzi torni a casa con un livido, ma perlomeno non è conseguenza di uno dei frequenti pestaggi subiti e filmati da coetanei. Praticare queste attività opzionali a scuola servirebbe a gestire il rapporto col proprio e con l’altrui dolore. La palla da rugby assume traiettorie improvvise: ogni rimbalzo, una sorpresa. L’ovale somiglia tanto al cervello dei ragazzini. Rotola, saltella, si lascia abbracciare, ha una fisicità prorompente. E ama volare in alto.
Claudio Dionesalvi
(foto Raffaele Bosco)

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