Lettere minuscole, Cuori grandi

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Abitare un pianeta in cui anche la vita ha adottato il Mega o il Giga come unità di misura, potrebbe rendere rivoluzionaria la scelta di Claudio Dionesalvi di dare al proprio libro il titolo “Lettere minuscole”, edito da Pecore nere. La settimana scorsa è stato presentato tra le Statue del Mab, in occasione della seconda edizione del Festival letterario Laudomia.
Grazie a quell’opzione dell’autore, di certo, emerge la “potenza delle piccole cose o esseri viventi” che gli uomini hanno perso, spesso dimenticato, riportando alla memoria anche i gravi lutti che colpirono Cosenza.
La città bruzia da aprile a settembre 1943 venne devastata dalla furia delle bombe con decine di vittime, tra cui 5 bambini all’uscita dalla scuola “Carmela Borrelli”. Numerosi furono, inoltre, gli edifici smembrati a causa delle bombe.
I più gravi furono quelli del 12 aprile da parte della Royal Air Force inglese. Nel 1959, venne ritrovato nel Crati un ordigno inesploso, ed altri, silenziose minacce latenti, vennero alla luce nel Centro Storico, fino al 2015 quando, con l’intervento del Genio militare, si è provveduto a disinnescare un residuato esplosivo.
Anche la vita del protagonista, Accio, è un cumulo di macerie quando inizia la narrazione, sconvolta dalla perdita del fratello, e in procinto di sostenere la maturità. Esattamente come gli sfollati cosentini trovarono riparo nei rifugi antiaerei della Caserma Domenico Moro, Accio cerca protezione da sé e dalla propria sofferenza nell’agriturismo di Giorgio.
Il suo viaggio nel passato ha un singolare mezzo di trasporto: le lettere dimenticate di alcuni soldati della Seconda guerra mondiale, ognuna delle quali è l’incipit di un romanzo de “La Storia Infinita” di Michael Ende. Il “nulla che avanza” nel testo di Claudio è contrastato dalla Maestra Lorena, dal Portalettere e da altre esistenze taciute, incise a fuoco dalla guerra.
Lo stile narrativo è fluido, quasi una  mappa espositiva del cuore, che ricorre ai cinque sensi, tutti insieme. Il maturando attraversa la fatica della ricostruzione post—bellica della sua vita e alla fine scriverà la sua tesina, comprendendo che la vera morte è rinunciare ai propri sogni, peggio, abdicare a trovare se stessi. “Fa’ ciò che vuoi» non significa poter trascurare gli altri o agire secondo la propria utilità, ma passare attraverso il dolore, l’incredulità e l’allegria dei superstiti per riassaporare il desiderio di ricominciare, ad amare e a vivere. Nel “governo delle cose maiuscole” proliferano bisogni effimeri, beni materiali e il disastro morale. L’uomo ha perso il senno, è il nuovo Orlando innamorato. Accio diventa Astolfo e tornerà dall’agriturismo come dalla Luna, con quei valori e virtù che s’erano perduti.
La narrazione si risolve in un invito a cogliere la magia della meraviglia nei piccoli gesti, quelli semplici, quotidiani, perché la felicità si può trovare solo in se stessi, altrimenti ogni ricerca è vana. La felicità, però, va condivisa, come una merenda con il tuo migliore amico. Giorgio nel racconto ha un ruolo importante, per scoprire quel “particolare inavvertito, fuori e dentro di noi” del fanciullino di Pascoli. Fanciulli, adolescenti, Dionesalvi ne ha ritratti tanti nei suoi anni di insegnamento, ha fotografato sorrisi, emozioni, conflitti familiari, il travaglio di un amore perduto o di un’amicizia spezzata e ritrovata.
I compiti dei suoi alunni sono un’istantanea del battito dei loro cuori acerbi che si aprono alla vita e non sono lontani dalle lettere mai consegnate dei soldati. L’autore del libro diventa il portalettere dei suoi alunni e di messaggi universali, attuali. Nel suo tragitto attraversa le strade della nostra città, colorandole di un corredo di notizie storiche. Esse non saranno più quelle che abbiamo solcato con i nostri passi, ma d’ora in poi ci parleranno.
Gabriele Garofalo
STAMPALIBERA, sabato 23 settembre 2023

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