Aspettando un delitto eccellente

By 0 , Permalink
In un passato remoto la Sibaritide era centro del mondo conosciuto. Ora è una provincia periferica dell’impero, pressoché priva d’identità, situata nello scacchiere centrale del Mediterraneo. È frequente imbattersi nel rombo dei cacciabombardieri della Nato che si addestrano sorvolando a poche decine di metri la pianura meravigliosa, ricca di uliveti ed agrumeti.
I volti delle donne sono austeri e dolci, riecheggiano le statuette magnogreche rinvenute sotto il fango del fiume Crati, che i crotoniati deviarono sull’odiata Sibari per cancellarne bellezza e potenza. Dell’antica città è stata portata alla luce una piccola parte. In mezzo ci passa la tristemente nota SS 106, cimitero degli automobilisti, croce e delizia di panciuti camionisti che si lasciano incantare da sirene a pagamento rigorosamente importate dall’Africa o dall’est europeo. Ogni notte vigilantes e tombaroli giocano a cani e gatti tra le rovine di Sibari. A pochi chilometri, nei pressi di Francavilla, è riemersa pure Lagaria, città fondata dal mitico Epeo, costruttore del cavallo di Troia.
Ma il sottosuolo non custodisce solo reperti archeologici. Qui riposano i resti di ragazze nigeriane ridotte in schiavitù. La terra grassa accoglie anche qualche caso di “lupara bianca” e alcune tonnellate di ferriti di zinco sotterrate abusivamente da un cartello ecomafioso che secondo una vecchia inchiesta giudiziaria sarebbe stato formato da imprenditori agricoli e politici di grido.
La ‘ndrangheta non è più di moda da questa parti. Cioè, i traffici di armi e droga continuano; commercianti e produttori di olio e arance pagano regolarmente salate tangenti, come in qualsiasi altra zona della Calabria. E per tenere su il morale, a volte tuonano le armi. Però fanno poco rumore sui mass media. Qui non siamo in provincia di Reggio. I politici non li ammazzano, e quindi quasi nessuno scende in piazza. Il “quasi” è d’obbligo. Poche settimane fa, a Cassano, gli studenti hanno dato vita ad una grossa manifestazione “perché la ‘ndrangheta non è solo a Locri”. E nella vicina Lauropoli, qualche giorno prima, amici e compagni di Carmine Pepe si erano riuniti intorno ad una partita di pallone per commemorare questo ragazzo quindicenne ucciso nel corso di una faida.
Di tanto in tanto, dalla padania piovono accorate telefonate. Qualche valoroso cronista impugna la cornetta e recupera quaggiù il contatto con carabinieri in vena di esternazioni. Si fa raccontare qualcosa e poi redige pantofolai reportage, descrive improbabili mappe della locale geografia mafiosa. Quindi, tutto torna a tacere tra queste case abitate perlopiù da donne ed uomini operosi ed allegri, ma pure da pochi caimani dalle fattezze umane.
Il male oscuro si chiama notabilato, una classe sociale molto attiva nella Sibaritide. Cammina a braccetto con “la gente malamente”, riesce sempre a farla franca. Possiedono terreni, animano salotti, passeggiano con il naso sparato all’insù. Tanto, nessuno mai li colpirà. Lo ha confermato un’inchiesta ministeriale recentemente effettuata nei calabri palazzi di giustizia: pare che in provincia di Cosenza un’ala della magistratura abbia lavorato per impedire alle inchieste dell’antimafia di toccare i famigerati “livelli più alti”.
Ai piedi del Pollino troneggiano i monumenti di questa inviolabilità. Uno nuovo vorrebbero costruirlo nei prossimi anni: l’aeroporto. Nessuno sa bene a cosa servirà. In Calabria ce ne sono già tre, sottoutilizzati, ma a Sibari bisogna costruirlo e basta, magari per pagare una nuova cambiale alle ‘ndrine.
Non importa, infatti, che forse occorreranno trent’anni per aprire e chiudere il cantiere, come è successo per l’ospedale di Cassano. Finalmente, grazie anche ad Achille Gentile, un direttore generale che si è rimboccato le maniche, e sulla spinta di un passionale primario, Giovanni Nicotera, quel casermone che fu monumento alla malapolitica è diventato un Hospice, cioè un centro di livello europeo per la medicina palliativa e del dolore. Oggi, il professor Nicotera non ne è più primario e l’Hospice è di nuovo al centro di polemiche. Al momento di andare in stampa, non sappiamo ancora quando andrà in funzione. Ciò che fa orrore, comunque, non è certo il presente. L’ospedale è lì, sulla carta, dagli anni settanta, ma nel corso degli ultimi tre decenni ha cambiato più volte destinazione d’uso: centro per grandi ustionati, fisioterapia… peccato che non se ne sia fatto niente.

hospice

Si racconta che alla vigilia di scadenze elettorali i politici strombazzassero puntualmente la prossima apertura della struttura. Addirittura pare che, usando un gruppo elettrogeno, accendessero le luci dell’edificio, pur di dimostrare alla cittadinanza intera che facevano sul serio. Poi, dopo le elezioni, le luci tornavano a spegnersi. Quando i medici vi sono entrati per la prima volta, lo hanno trovato pieno di costose macchine ospedaliere, reperti da storia della medicina,
DSC00119
una sala operatoria mai messa in funzione, ormai inservibile perché non più a norma. E così hanno deciso di mettere in mostra tutta questa strumentazione, o almeno quel poco che rimane. Sarebbe complicato fare una stima del materiale disperso. Difficile individuare responsabilità politiche da una parte sola. Cassano è stata feudo socialista. Quando erano loro al governo, la Dc avrebbe remato contro l’ospedale, e viceversa.
Adesso è amministrata da Gianluca Gallo, sindaco giovane e cattolico. Sembra uno che vuol bene al proprio paese, ma deve fare i conti col debito di quaranta miliardi, trovato nelle casse comunali quando si è insediato. Se lavora per coprire il buco, praticamente fa solo quello, e cessa di fare il sindaco. Al contrario, se fa finta che il problema non ci sia, si assume pure lui un pezzetto delle colpe dei suoi predecessori.
Sono molte le figure giovanili su cui gravano eredità pesanti. Tra Cassano e il mare c’è la “Saman”, comunità di recupero tossicodipendenti sballottata negli anni novanta da note vicende giudiziarie. Adesso è diretta da gente in gamba che lavora dentro e fuori la struttura, cercando di ritessere la delicata ragnatela delle relazioni con l’associazionismo locale che non manca di vivacità. Esperienze come il portale cassanoalloionio.info, “gli Amici del territorio” e la “Nelson Mandela” aprono dibattiti su temi caldi. Il collettivo “26 luglio” e quello di Villapiana Scalo costruiscono momenti di socialità. In verità i laici sono in minoranza. Per uno scherzo della storia, proprio nei luoghi in cui si praticarono riti dionisiaci, la vita culturale è pervasa dal clericalismo. È un clero bacchettone, spesso legato al latifondo. Ma c’è pure una chiesa in prima linea contro la subcultura criminale. Il parroco don Attilio e pochi altri provano a rimettere insieme i cocci lasciati dall’intervento plateale dello Stato contro i clan, che ha provocato il riassestamento degli equilibri paramafiosi, preservando gli squilibri sociali: lavoro nero, caporalato, dispersione scolastica, scarsa ricettività turistica e devastazione ambientale. Sono mali antichi. La Sibaritide guarda se stessa, ma non si vede.
Claudio Dionesalvi
Mezzoeuro, 11 marzo 2006

No Comments Yet.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *