Quando il cemento si tinge di “giallo”

Stanno per cambiare il volto di Cosenza, ma a nessuno gliene frega niente. Sinora, infatti, solo i partiti hanno preso la parola sui giornali per chiedere pubblicamente quale sarà lo sviluppo urbanistico della città.
E siccome, qui come nella maggior parte del restante meridione, sia l’attribuzione del consenso elettorale sia il meccanismo di affiliazione al sistema istituzionale della rappresentanza sono governati da logiche quasi esclusivamente clientelari, “nessuna” è la legittimità sociale degli esponenti politici cittadini. Cosa sarebbero molti dei segretari locali di partito, infatti, senza i posti di lavoro che hanno avuto modo distribuire in anni passati?
Ecco perché si può tranquillamente affermare che nel dibattito pubblico sulla variante al piano regolatore, l’unico a prendere la parola è stato il signor “Nessuno”.
Nonostante i frequenti e patetici tentativi di escogitare inchieste giornalistiche sulla cementificazione, non siamo ancora riusciti a darci una risposta concreta a due elementari domande. Prendiamo per esempio l’asse centrale del viale Mancini, sede dell’unica vera area dismessa, attualmente invasa da chilometri quadrati di amianto sfibrato e vecchi capannoni delle ferrovie. Chi vi costruirà? Cosa vi costruiranno? Si sa solo che quei terreni, al catasto, risultano di proprietà del demanio statale e che alcune società immobiliari hanno manifestato interesse e disponibilità ad acquistarli. Si sa che probabilmente si farà una gara e, solo a parità di prezzo, il comune di Cosenza potrà esercitare il diritto di prelazione. Si sa che palazzo dei Bruzi dovrà ripiegare su Gergeri se vorrà realizzare il planetario, perché quando ha provato ad ottenere i terreni limitrofi al viale Mancini, avrebbe incontrato un secco rifiuto dalla controparte.
Si sanno dunque tante mezze verità, ma alle domande su chi e cosa, nessuna risponde. Non lo ha ancora fatto l’amministratore delle FC, Franco Covello. Non lo dice chiaramente il sindaco. Non lo sa nessuno. Strano, perché tutti dovremmo interrogarci, preoccuparci che non spunti un’altra fila compatta di palazzoni. È una questione di vivibilità ed ossigeno, prima che di estetica. Qualche dato? Molti dei morti ammazzati nel corso della recente mattanza tra i clan, sono da ricondurre a conflitti di interesse sulle forniture di materiali necessari a realizzare centralissime opere pubbliche. A Cosenza in quattro anni sono stati avviati cantieri per trecentomila metri cubi di cemento. Il patrimonio immobiliare esistente, secondo fonti interne alla stessa amministrazione comunale, potrebbe bastare ad ospitare il doppio della popolazione attuale. Non esiste un piano di evacuazione in caso di calamità. Non si hanno più notizie del contratto di quartiere sul centro storico che avrebbe dovuto contribuire a riqualificare i rioni interni di Cosenza Vecchia. Insomma, lentamente gli investimenti abbandonano il colle Pancrazio e si concentrano sui quartieri nuovi, dove le concessioni fioccano. Eppure sappiamo che di tutto avremmo bisogno, tranne che di altri palazzi; a meno che, com’è già avvenuto ad Arcavacata per vent’anni, non si ci rassegni ad affidare la pianificazione del territorio direttamente ai padroni del cemento.
Appare assolutamente ridicola, se non inquietante, l’argomentazione di chi sostiene l’inevitabilità della politica del mattone selvaggio, in quanto l’economia cosentina si spegnerebbe in assenza di investimenti nell’edilizia. Anche i proventi dello spaccio di eroina o delle tangenti garantiscono la sussistenza per centinaia di famiglie. Ma non è una buona ragione per incrementare le estorsioni o il consumo di “roba”.
Di questi temi, soprattutto, dovrebbe occuparsi oggi chi ama definirsi “Noglobal”, attivista, di sinistra, … ista…  ista e via dicendo. Perché di dame caritatevoli, soggetti impegnati nel sociale e amici dei cani è piena l’area urbana. Ciò che manca è il conflitto, inteso come capacità di scuotere gli equilibri di potere, fare nomi e cognomi della malavita politica, partecipare in maniera diretta alla dimensione associativa, conquistare fette di democrazia. Dire genericamente che Cosenza è pieno di usurai, gruppi occulti, logge coperte e lobby affaristiche non è una novità. Ma puntare il dito su qualcuno, questa sì che lo sarebbe!
Claudio Dionesalvi
La Voce dei Lavori, febbraio 2005

No Comments Yet.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *