È il più bello dei libri scritti da Francesco Cirillo. “Il bibliotecario delle Brigate Rosse”, edito da Città del Sole, è un metaracconto carico d’empatia, a tratti esilarante come è frequente che avvenga nei suoi testi. Rispetto alle precedenti opere di Cirillo, questa appare più introspettiva ma non tediosa. La storia, piena di rimandi ipertestuali, si rivela avvolgente. Lampeggiano gli sprazzi fumettistici che da sempre accompagnano la sua ricerca. È un situazionismo gradevole, non appesantito da fardelli cerebrali. Sono i libri, compagni perpetui dell’autore, protagonisti di questa cavalcata autobiografica, mai celebrativa; al contrario: lucida e autoironica. Sullo sfondo della narrazione prendono forma i tipici personaggi della fantasia cirilliana, gli incontri imprevedibili, le paradossali vicende arricchite da un sostrato di nuda umanità che rende scorrevole e dinamico il racconto. Con lievità passano in rassegna le peripezie vissute da questo scrittore tra gli anni settanta, la carcerazione, la sua Diamante, le letture, la difficile impresa di trovare in ogni tempo una collocazione in un presente progressivo, senza lasciarsi invischiare da retrotopie.
La carta, il segno, la ribellione: tutto è tenuto insieme da pretestuosi compagni che Cirillo ha voluto sempre con sé: i libri! Sono loro a prenderlo per mano per fargli rivivere un cammino esistenziale originalissimo. Ed è incredibile come questi oggetti siano riusciti ogni volta a rendere multipla la realtà intorno a Francesco, aumentandola, creando delle connessioni umane e culturali che lui è stato bravo a raccogliere e implementare. A tanti uomini e donne è accaduto di vedere la propria vita cambiare dopo aver letto una poesia o un romanzo. Aggirandosi per anni tra archivi, biblioteche e librerie, Cirillo ha colto e introiettato questa vocazione palingenetica che alcuni testi possiedono, ma non li ha piegati alle proprie necessità, bensì ha lasciato che questi oggetti cartacei parlassero d’altro, convogliassero energie, stimolassero incontri o scontri del tutto casuali e sorprendenti. Così, vivendoli, li ha resi vivi. Visitando queste pagine, davvero riesce difficile eluderne il risolino ironico. Che sia quello cospirativo, celato sotto i suoi baffi detenuti insieme a lui nel carcere di Palmi, oppure irrompa nel bel mezzo di una delle tante pubbliche provocazioni che Francesco ama realizzare contro i potenti di Calabria e del resto del globo, quel sorriso sfottente permea tutta la fiaba di un bibliotecario che nei momenti più difficili nella storia d’Italia del dopoguerra è riuscito ad attraversare le impenetrabili pareti interne delle carceri e le barriere tra linguaggi solo in apparenza distanti. È un libro che bisognerebbe proporre a tanti studenti per innescare l’amore verso la lettura, se i pericolosi sovversivi come Cirillo non fossero banditi dalle università.
Claudio Dionesalvi
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