Gli infiniti modi di vivere da “stranieri”

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Aladino è il protagonista di una fiaba, ma è anche il soprannome di un marocchino che ha scelto di abitare a Cosenza. Aladino sta vivendo giorni difficili. Il nordafricano  sa che ha la possibilità di mettersi in regola: la sanatoria nazionale gli consente di ottenere un permesso di soggiorno. Ma se vuole dimostrare che vive qui da molti anni, deve prima ricostruire la storia della sua permanenza in Italia. Impresa non facile. Bisogna fare un salto all’ambasciata marocchina, compilare documenti, ritrovare vecchi datori di lavoro…il giovane immigrato deve viaggiare, e il biglietto del treno costa un occhio della testa. Quanti Aladino ci sono in città? La risposta è semplice: diverse centinaia, ma pochi hanno trovato un alloggio a Cosenza. I marocchini dormono nei paesi della provincia, soprattutto sulla costa Jonica. Alcuni “fortunati” dividono squallidi appartamenti nel centro storico e in via Popilia. Vivere in una stanza, con altri tre connazionali, costa 250mila lire al mese (a persona). Case pericolanti, umide e fradice. Gli affittacamere nostrani non fanno tanti complimenti: <O paghi con puntualità, oppure ti sbatto fuori!>. Gli immigrati hanno trovato validi punti di riferimento. L’Arci, la Casa delle Culture e le associazioni del volontariato cattolico, sperimentano forme di solidarietà concreta, ma soprattutto riescono a solleticare la sensibilità degli amministratori. Il Comune e la Provincia hanno risorse per garantire ai cittadini “extracomunitari” (brutta parola!) i diritti elementari: corsi di italiano, consulenza legale, un pasto caldo quotidiano. Nel centro storico, c’è già chi pensa di realizzare, per le prossime festività natalizie, un presepe vivente, in cui protagonisti saranno gli immigrati. Un Gesù Bambino nero, una Madonna polacca e un San Giuseppe marocchino, manderanno in crisi la visione tradizionale della sacra rappresentazione natalizia. Tuttavia, al di là di queste iniziative, i migranti vivono in una condizione di perenne sfruttamento. Lavavetri, venditori di accendini, raccoglitori di arance, lavori pesanti e sottopagati: questa è la giornata degli uomini e delle donne provenienti dai paesi che non rientrano nell’Unione europea. Mohammed faceva il carpentiere. Poi si è infortunato. I suoi padroni lo hanno coperto… di botte, anziché versargli i contributi. Oggi è tornato a lavare i vetri delle auto, nei pressi di un semaforo poco distante da piazza Europa. Le numerose filippine, presenti sul territorio, lavorano “alla pari” nelle case delle ricche matrone cosentine, oppure si arrangiano, facendo le collaboratrici domestiche. Si accontentano di stipendi da fame e non sono tutelate giuridicamente, ma sopravvivono, e questo è già tanto. Le loro colleghe polacche hanno avuto una sorte più amara. In questo, gli ambienti malavitosi e la “Cosenza perbene” trovano un motivo d’intesa. Molte giovani polacche, arrivate negli ultimi mesi, sono state risucchiate dal mercato della prostituzione. Non sono “lucciole” da marciapiede. Si tratta di un giro alla “cubana”, che gravita intorno ad alcuni locali privati della provincia. E pare che in Procura ci sia già un fascicolo d’inchiesta aperto.
Claudio Dionesalvi
Il Domani, 17 novembre 1998

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