“Maniamuni”, tra una risata e l’altra

(Loredana Caruso recita nella performance “Maniamuni”)
Questa volta “Canaletta” ci prende in giro, ma fa sul serio. Sergio Crocco, poeta dialettale giunto alla sua terza fatica, dipinge “la vita in diretta di Pilerio, cosentino medio”. E sono dolori e colori forti, ironia feroce e imbarazzo, perché ognuno di noi, ancora una volta, è costretto a ritrovare in questi versi una parte di sé.
La “Tam Tam e Segnali di Fumo” pubblica “Maniàmuni”, raccolta di poesie costruite in un anno di passioni. Il volume gode di madrine e padrini evocati dalla scena calcistica cittadina, e non solo. La prefazione della giornalista Iole Perito, una delle muse di “Canaletta”, si interseca perfettamente con la postfazione dell’unica vera “bandiera” sportiva brezia, Gigi Marulla. I due contributi sono suggellati, in quarta di copertina, da un altro “lupo” verace: Tonino Tocci. Le fotografie neorealiste, dense di significato, che intervallano le rime del testo, svelano l’attitudine nascosta di un’altra lucida cronista locale, Benedetta Caira.
Versi scolpiti in vernacolo ritraggono una dimensione che non ha niente di folcloristico. Al contrario, “Maniàmuni”, tra una risata e l’altra, graffia ed esalta i luoghi comuni, rendendoli materia viva e cruda. Crocco ribadisce in modo lievemente sciovinista il senso di una possibile identità “cusentina”. Senza voler offendere umoristi e poeti dialettali di origini più “paesane”, che negli ultimi anni si sono cimentati nell’ardua impresa di rivalutare le potenzialità artistiche ed evocative del nostro dialetto, Canaletta rimarca la differenza forte tra la cultura popolare cosentina della città, e quella importata dai centri limitrofi. Nel lessico, nella fonetica, negli usi quotidiani, le sue poesie raccontano storie e trame che soltanto alla confluenza del Busento e del Crati possono verificarsi. Grazie alle figure che costruisce, è possibile riassaporare luoghi che non esistono più: la città un po’ fasciata della seconda metà del ‘900, quella del far west notturno a piazza Valdesi, la Cosenza di Ciccio u Nuciddraru, della piccola borghesia emergente a passeggio sul corso e soprattutto del popolino rintanato nei quartieri.
Pilerio, nome diffusissimo e ormai guardato con una punta di mondana superbia dai cosentini d’oggi, diventa testimone del proprio vivere, ma soprattutto delle altrui usanze e del modus vivendi locale. Il paragone con il “Giorno” del grande Parini può apparire blasfemo, ma restituisce bene l’idea di un libro destinato, per l’ennesima volta, ad entrare nella case di migliaia di concittadini residenti ed emigrati, magari attirando le critiche di qualche dialettologo a caccia di regole che nessuno mai riuscirà a scrivere, o provocando l’invidia di altri aspiranti poeti in vernacolo.
Poche sono le liriche che Canaletta affida alla lingua italiana. Giusto quelle dedicate ai sentimenti più forti: l’amore per la moglie Francesca e il figlio Simone, la passione politica, l’odio verso la guerra. Infine, da non perdere, la solita raffica di proverbi ed aforismi cosentini tradotti in chiave aulica. Un modo originale per ricordare a tutti che le parole possono cambiare il mondo. Ma bisogna sbrigarsi: “maniàmuni”.
Claudio Dionesalvi
Il Quotidiano, 16 novembre 2005

No Comments Yet.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *