La libertà degli zingari

Qualche anno fa a Rubina Berlingieri, una mia amica di origini rom, è venuta l’idea di raccontare la sua storia. A me l’idea è piaciuta subito, perché amo scrivere seguendo la traccia del parlato. Il linguaggio di Rubina mi sembrava inesplorato, frutto dell’incrocio tra il lessico degli zingari insediatisi qui nel corso dei secoli, la lingua italiana e il dialetto cosentino.
Nell’esporre i fatti, Rubina intervallava il discorso con lunghe pause, ed erano proprio quelle sospensioni a stimolarmi maggiormente.
Alla fascinazione della scrittura si è unita la voglia di esplorare il mondo dei rom locali, che custodisce una questione sociale aperta. È infatti l’unica minoranza immigrata in Calabria, priva di una coscienza di sé, guardata con diffidenza e con razzismo, munita di una cittadinanza solo formale.
Fuori da ogni retorica populistica, i rom conducono un’esistenza degradata ma sono sfacciatamente liberi, poveri per abitudine o arricchiti illegalmente, senza volto e privi d’identità, corteggiati da politici e malandrini. Ecco perché possono divenire paradigma per sfuggire alle catalogazioni formali di un tempo che ci costringe costantemente a sminuire l’Altro pur di riaffermare noi stessi e renderci vendibili, apparire accettabili. Essendo “fuori” da tutto, riescono ancora a vivere un’autonomia nella gestione del proprio bioritmo.
Dalla duplice spinta, dall’interesse sociale e dall’esperimento narrativo, è venuto fuori un racconto, che ci è sembrato giusto unire ad un eloquente saggio di Antonio Cicala sulle origini dei rom calabresi, e ad un’interessante ricerca condotta da Pierluigi Grottola sulla lingua di queste genti.
I due volumetti componenti il cofanetto sono virtualmente armonizzati dalla postfazione di Franco Piperno, che si sofferma sul tema dell’identità da recuperare e rilanciare.
Superata la fase della composizione grafica, il libro dovrebbe presto vedere la luce per i tipi della Rubbettino.
Claudio Dionesalvi
TR n° 10, dicembre 2005

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