Dall’Etiopia all’olimpo passando per Cosenza

Pensare in cosentino, vivendo a Bologna, mentre il battito cardiaco vibra con il ritmo dell’Etiopia. Il timbro di voce è fraterno come lo sguardo. Dj Luigi conquista le copertine delle autorevoli riviste italiane di musica, con il suo disco intitolato “Ca… Pù”.
Tradotto in italiano: “Che poi”.
Luigi Pecora, detto “Luigi”, è il classico ragazzo che si è fatto da solo. In Calabria lo ricordano tutti i giovani cultori dell’hip hop. A lui si deve l’importazione di questa cultura: sintesi di musica, graffiti, danza e poesia.
La sostanza tematica dei suoi testi non è simulazione del reale. A differenza di tanti presunti poeti della strada, abituati a blaterare versi spesso recuperati da qualche amena lettura nel chiuso di una comoda stanzetta, le parole pronunciate da Luigi a tempo di rap sono il riflesso di situazioni vissute, sudate, incastrate nella memoria con i segni marcati che solo l’esperienza diretta può lasciare. Messaggi che grondano energia positiva, irradiati con la voglia di trasmettere allegria e desiderio, senza perdere il gusto di far funzionare la materia cerebrale.
«Tutto quello che ho fatto, sul piano dell’opera musicale, l’ho fatto a Cosenza – spiega in un tiepido sabato mattina di marzo –. Il nord, Bologna, mi hanno permesso di poter produrre praticamente il tutto, ma l’anima del disco è nata a Cosenza».
E siccome «a cosa chiuù importante intr’a vita è l’equilibrio», Luigi lo mantiene perfettamente nel contemperare le spinte della sua musa ispiratrice: «L’Etiopia, Cosenza e Bologna sono presenti in porzioni diverse, a seconda dei pezzi. È sempre un’Italia vissuta da un meticcio, un italo-etiope. Quindi la mia ottica attraversa i problemi razziali con i quali si confrontano tanti italiani in maniera errata, perché hanno una concezione sbagliata.
Una concezione tramandata da quel “colonialismo buono”, di cui ancora molti parlano. Nel disco c’è un po’ di tutto. Io raccolgo le esperienze nella vita, nel mondo. Non faccio distinzioni nette. In fondo, io sono un insieme di cose».
L’espressione cosentina “Ca’ Pù” in italiano significa “poi”, ma anche “mai”. Esprime sfiducia e al tempo stesso attesa. «E infatti è quello che voglio trasmettere – prosegue Luigi – perché con un pochino di ironia ho voluto descrivere la lunga attesa per far uscire un disco fuori dai canoni ordinari dei termini musicali. Molti si chiedevano: “ma quant’è ca u fà su discu? Ca’ pu!”
Luigi sta per diventare papà. La sua compagna è etiope. «É stato il destino. La mia ragazza è venuta a Cosenza per lavoro e ci siamo conosciuti. Se così non fosse stato, magari l’avrei incontrata in Etiopia».
Molti angoli di via Popilia, il quartiere in cui è cresciuto, ritornano come lampi nelle canzoni sparate al microfono. «Paradossalmente ho ricevuto rispetto da chi è ritenuto comunemente irrispettabile e non ho ottenuto altrettanto da chi è considerato rispettabile». Forse è proprio in questa natura di eterno ibrido, vissuto a cavallo tra tempi e luoghi di transizione, l’essenza delle qualità che lo hanno reso un Maestro di Cerimonia originale e per certi versi anomalo. Non vive grazie alla musica che produce (Luigi è operaio all’Anas), ma senza la musica non vivrebbe.
A Cosenza scenderà ad esibirsi nella prossima estate, accompagnato da tre giovani esperti di breakdance, che disegneranno geometrie corporali nello spazio, seguendo la pulsione emotiva delle canzoni.
Tornerà a trasmettere una messaggio di forte intensità umana. Le parole vanno pesate, riconosciute e usate con estrema attenzione. Una sua vecchia canzone, per esempio, esprime tutte le insidie che si celano dietro il termine “extracomunitario”, confezionato per escludere, emarginare. Luigi parla, invece, il linguaggio della contaminazione e dell’abbraccio culturale.
Un lessico che non poteva non trovare cittadinanza in un’area urbana come quella cosentina. Il disco sarà in vendita da domani.
Claudio Dionesalvi
Il Domani, 19 marzo 2000

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