La Cosenza delle necropoli

CON GLI occhi puntati sulla terra arida, nel tentativo di raccontare un tempo ritenuto senza storia. Il professor Giuseppe Roma pone il primo di tre sigilli ad un lavoro durato almeno sei anni. “Le necropoli altomedievali” è il volume d’apertura pubblicato da Edipuglia nel 2001, e presentato lunedì scorso nella Casa delle culture. L’autore ha preannunciato che altri due tasselli completeranno l’opera intitolata “Necropoli e insediamenti fortificati nella Calabria settentrionale”. Le ultime puntate sulla mastodontica documentazione materiale rinvenuta, riguarderanno le ricerche su luoghi di culto e fortificazioni. Il libro è frutto di un’intensa campagna di scavi, attivata dalla cattedra di Archeologia cristiana dell’Unical in alcuni importanti siti della Calabria settentrionale. L’equipe guidata dal professore Roma ha puntato ad approfondire aspetti legati alla storia dell’alto medioevo cosentino, quando tra la fine del VI e la prima metà del VII secolo il territorio fu dominato dai longobardi di Benevento. Le indagini archeologiche hanno riguardato la località Sassone nel Comune di Morano Calabro, le necropoli di Celimarro e Calandrino nei pressi di Castrovillari, Castellaccio vicino Cerisano, Presinace nel comune di Nocara e Torre Toscana a Belsito. Dove fu situato il confine tra Longobardi e Bizantini? Probabilmente a ridosso dei fiumi Crati e Savuto. La risposta trae linfa scientifica proprio dalle ricerche effettuate in anni recenti. Dunque, ancora una volta Cosenza luogo di incrocio, passaggio, transizione, limes. Insieme a Cassano, la città che in un tempo remoto appartenne ai bruttii, nei secoli successivi al crollo dell’Impero, ebbe funzione di gastaldato, unità amministrativa autonoma. Le ipotesi su cui ha studiato Roma si basano anche sull’Historia langobardorum, scritta da colui che di quel popolo fu assiduo cronista: Paolo di Warnefrido, detto Paolo Diacono, nato a Cividale poco dopo il 720 da una famiglia longobarda stanziata nel Friuli, studiò a Pavia alla scuola del grammatico Flaviano e fu alla corte dei re longobardi Rachi, Astolfo e Desiderio. A Celimarro una suggestiva scoperta confermerebbe il forte radicamento culturale di questi invasori, a nord di Cosenza.

Nella necropoli, la presenza di fori di palo in corrispondenza delle sepolture, richiama alla mente il racconto di Paolo Diacono. Pare, infatti, che i longobardi piantassero vicino al luogo in cui era tumulato il defunto una pertica sulla quale scolpivano una colomba orientata verso l’area in cui era morto un parente guerriero, caduto senza sepoltura. Nell’ambito della presentazione del libro, è stato il professor Andrè Vauchez, Direttore dell’Ecole Francaise de Rome, a illustrare l’importanza di una ricerca che chiarisca la transizione da una dimensione speciale ad un vero e proprio territorio plasmato ed amministrato. La problematica interessa particolarmente l’alto medioevo, che secondo il Direttore del Dipartimento di Storia dell’Università della Calabria, Filippo Bulgarella, rimane un periodo interessantissimo, ma poco indagato. Per la professoressa Ghislaine Noyé, dell’Ecole nazionale des Chartes, è possibile distinguere diverse generazioni di longobardi insediati a nord di Cosenza. Ad una prima maggiormente rude e bellicosa, ne sarebbe seguita un’altra, più acculturata e convertita ad un cristianesimo meno influenzato da riti pagani. Sul grado di integrazione tra gli invasori e le genti locali, si è interrogato il Rettore del Pontificio istituto di archeologia cristiana, Philippe Pergola. Il tema della confluenza e dei conflitti rimane custodito nei reperti delle necropoli e soprattutto in quelle cinte fortificate lunghe oltre un chilometro, che sono oggetto di studio da parte del professore Roma.

Claudio Dionesalvi

Il Quotidiano, 20 giugno 2002

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