I mille volti di donna rappresentati da MariaN

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Una mostra di pittura “al femminile” riscalda la fredda muratura del Centro di promozione turistica, a Cosenza vecchia. MariaN, cosentina, allieva dell’acquerellista Marino, espone i suoi lavori fino al prossimo 16 ottobre.
Una personale monografica, concepita ritagliando frammenti di esperienza artistica dedicati alla donna. In tutto, una trentina di opere, testimonianze di una ricerca umana e poetica costellata di irrequietezza e contaminazione.
Ogni tentativo di catalogare i quadri di MariaN utilizzando le categoria della critica contemporanea potrebbe rivelarsi arbitrario. Sono lavori che derivano dall’applicazione di tecniche diverse.  È un tratto stilistico sfuggente, eclettico, solo apparentemente legato a temi effimeri.
Da una parte il segno espressionista, dall’altro il ripiegamento su una dimensione figurativa tradizionale. L’elemento che impressiona il visitatore è proprio costituito dall’innesto di uno stile sperimentale in un codice grammaticalmente impeccabile.
E questa capacità innata di cogliere i tratti essenziali del volto umano, la loro distorsione attraverso il disegno – dettata da uno spirito anarcoide – la portano a uscire dalla rigida raffigurazione degli oggetti rappresentati.
Colori forti, espressioni malinconiche, sguardi che rasentano la follia: sono questi i fantasmi con cui gioca lo sguardo pittorico di MariaN. Una carrellata che inizia nel classico autoritratto dell’artista con il cagnolino, ad indicare il percorso ideale di una passeggiata nella mostra. Le forme dei corpi femminili vengono private di riferimento ad ogni possibile sensualità.
Sono donne tormentate, con lo sguardo rivolto agli orrori del novecento, rattrappite, spesso paralizzate in una sorte di sospensione del tempo e nello spazio.
Solo raramente le movenze si fanno distese e acquisiscono un ritmo meno serrato, quasi a voler cercare un soffio di speranza.
Nel più “politico” dei quadri, tre ragazze si raccolgono intorno ad un mitra, evocando la tragedia di popoli che sono ancora in lotta per autodeterminarsi. Poi, proseguendo si possono ammirare tentativi di attualizzare la pittura primordiale, attraverso la rappresentazione di graffiti chiari e nudi, riprodotti seguendo i canoni naturali dell’arte rupestre. Anche in questo caso, sono figure femminee, che pur essendo private di prospettiva, mantengono una profondità rilevante. L’opera più inquietante affiora da una tela collocata nel cuore della mostra. Il volto di un essere che somiglia ad un satiro emerge spontaneamente dall’azzurro grazie ad una tecnica raffinata di assorbimento del colore.
Ed è proprio l’accostamento di cromatismi, supporti e strumenti, che conferisce a MariaN le qualità di un’artista poliedrica, capace di accontentare anche gli occhi più esigenti. Uscendo dalle due salette del Cpt si ha la sensazione di aver visitato una stanza degli specchi in cui la pittrice gioca con il proprio viso, raffigurandolo decine di volte, sempre alterando almeno un elemento.
Rimane nella memoria del profano l’urlo che ritrae l’unica maligna figura maschile, un viso diabolico offuscato dalla pioggia di colori intensi.
E nella coscienza si agita ancora la voglia di compiere un piccolo furto passionale, magari trafugando una scultura presente nel repertorio, realizzata con creta di Dipignano e solidificata nell’arco di circa quindici anni, retaggio delle origini di MariaN che in quelle terre è nata ed ama ritornarvi alla ricerca di dialetti antichi e temi moderni che le danno la possibilità di continuare a camminare interrogandosi. Un po’ come le donne presenti nei suoi quadri, che pongono lo spettatore nella condizione di chi deve guardarsi dentro prima di affrontare lo sguardo altrui. Messaggi provocatori, affidati ad una sostanza artistica imponente e problematica. Ed è veramente facile uscendo dalla mostra ritrovare il proprio stato d’animo nel ritratto di una “pagliaccia” malinconica, collocata ad inizio e fine del percorso.
Claudio Dionesalvi
Il Domani, 12 ottobre 1999

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