Bambini e sciacalli

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La Calabria ce l’ha fatta. Ha riconquistato le prima pagine nazionali con un fatto di cronaca. Adesso rimane il problema di individuare i responsabili ed “isolarli” dalla società civile, onesta e pulita. Tutti si sforzano di evitare che il principio di colpevolezza venga esteso all’intera popolazione, alle famiglie, agli insegnanti.  Forse, non sapremo mai cos’è accaduto realmente in quei 15 minuti che hanno inghiottito Marco Mascaro. Oppure, forse, presto scopriremo che è stato un suo coetaneo, o comunque un altro adolescente, a dargli quella pugnalata. Probabilmente, l’arma che ha raggiunto il cuore di Marco è stata impugnata da una persona di medio-bassa statura. La dinamica dell’omicidio lascia immaginare che si sia trattato di un raptus, un gesto improvviso, dettato dalla volontà di sopraffare l’avversario. Uno scatto di rabbia. Sarebbe una realtà difficilmente accettabile. Un ragazzino ucciso da  un ragazzino. Una certa cultura catechistica ci ha insegnato che i bambini sono la parte migliore della società, perché rivelano un’innocenza che gli adulti hanno perduto. E invece, le cronache del passato danno torto a questa visione. Le città del cinquecento erano attraversate da bande di bambini, tra i sette e i quattordici anni, che erano protagonisti di una violenza brutale. Assalti ai forni del pane, sassaiole, aggressioni, riti ludici con i cadaveri… erano questi i passatempi dei putti. Dunque, non ci sarebbe nulla di “nuovo” nell’omicidio di un minorenne, da parte di un altro giovane. Sarebbe una morte innaturale, ma nessuno avrebbe il diritto di meravigliarsi. L’altra ipotesi, quella del pedofilo, sembra un artificio mediale, l’ennesimo risultato di una psicosi. Al di là dell’età, l’aggressore di Marco deve essere una persona insicura, priva di equilibrio, desiderosa di punire. E in questa volontà di castigare, l’assassino somiglia ai personaggi che oggi invocano una punizione esemplare, degna del martirio di Marco. Per carità, la madre della vittima ha il diritto di chiedere giustizia, ma gli altri, forse, farebbero meglio a stare zitti e spiegarci quali sono le iniziative sociali e culturali esistenti a Rossano. Quali i rimedi escogitati per strappare i ragazzi alla dottrina della sopraffazione? Quali sono le alternative ai feticci di morte, che quotidianamente vengono scaraventati nelle orecchie e negli occhi di
un’umanità priva di ogni senso critico?
Claudio Dionesalvi
Il Domani, 10 febbraio 1999

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