Cari Rosamaria e Michele,
mi scuserete per il ritardo con cui mi unisco alle centinaia di compagni, compagne, amici ed amiche che vi hanno testimoniato la loro solidarietà. Mi trovavo fuori città quando vi hanno convocato in questura per strapparvi dalla bocca un campione di saliva. Sputare non è mai piacevole. Quando poi si è costretti a farlo perché è lo Stato che te lo impone, ci si deve sentire ancora peggio. Mortificante è la sensazione di essere spossessati persino delle parti escrementizie del proprio corpo. Terribile non sentirsi neanche più proprietari delle nostre secrezioni. Forse, visto che pare non ci si possa sottrarre a questa umiliazione, si potrebbe almeno provare a proporre agli investigatori di estrarre il DNA dalle feci degli indagati, piuttosto che dalla saliva. Almeno così si spenderebbe meglio il denaro pubblico che grazie alle nostre tasse consente allo Stato di svolgere attività investigative contro i presunti sovversivi. Se non altro, se ne farebbe un uso più utilitaristico: dopo l’estrazione del DNA, la cacca potrebbe essere sempre usata come concime naturale. Certo, si aprirebbero dei problemi, e non solo di ordine etico. Per esempio, bisognerebbe concordare con gli inquirenti un orario di prelievo del campione fecale, in concomitanza con l’abituale momento della giornata in cui nel soggetto “attenzionato” si manifesta abitualmente lo stimolo ad andare di corpo. E questo comporterebbe inevitabili difficoltà tecniche. A meno che non vogliano ricorrere all’olio di ricino. Che com’è noto funzionava, però non ha portato bene a chi lo somministrava.
Sono veramente arrabbiato per quello che vi stanno facendo. Al termine della mia adolescenza, preso dalla fregola di liberarmi dall’ascendente cattolico dell’educazione che ho ricevuto, mi sono andato convincendo che anche la categoria del MALE, come le nostre feci, fosse qualcosa di cui liberarmi. In fondo, pensavo vent’anni fa, la contrapposizione tra male e bene è solo un retaggio del catechismo, oltre che il tema dominante dei cartoni animati giapponesi, modello Goldrake e Mazinga, in cui c’è sempre un buono che deve contrastare i cattivi.
Invece poi, col passare del tempo, quando le prime rughe hanno preso ad attraversarmi il viso, sono tornato alla vecchia idea: il male esiste davvero, eccome! È vero, ce n’è un bel po’ anche dentro di noi, quindi nel nostro perenne desiderio di dargli la caccia, rischiamo di dimenticarcene. Però è altrettanto evidente che all’esterno dei nostri corpi ne esiste una quantità impressionante, ed è quella detenuta dal Potere, sia esso costituito, politico, economico, criminale o tutte e quattro le cose insieme. In un bellissimo romanzo ambientato a Città del Messico, intitolato “Morti scomodi”, scritto a quattro mani con Paco Ignacio Taibo II, il subcomandante Marcos racconta le imprese di un detective zapatista che cerca di stanare il male, e ci riesce. Non vi racconto il finale, ma credo che la vicenda narrata dal Sub sia molto utile per capire quello che vi sta capitando.
Penso che voi negli ultimi mesi abbiate avuto uno scontro col MALE che infesta anche le nostre strade. Scrivendo, parlandone in pubblico, lo avete sfidato faccia a faccia, senza avvalervi di alcuna protezione. Non si tratta di un soggetto definito né di un luogo. È un’entità complessa, innervata nei luoghi in cui viviamo, come in mille altri. Per questo motivo siete oggetto di persecuzione. Negli uffici investigativi di Cosenza operano tante persone oneste, che vivono delle proprie passioni e del proprio stipendio. Ma ormai è opinione diffusa che vi si annidino pure agenti al servizio del male. Gente che ha tutto l’interesse a deviare l’attenzione generale verso vicende assurde come quella di un abbozzo di molotov piazzata in una cabina telefonica nei pressi della questura in una sera d’estate. Così si dirottano le energie di chi dovrebbe lavorare per debellare il malaffare, il malgoverno, la corruzione. E si tenta d’intimorire le poche voci libere.
Ecco perché una volta tanto sarebbe opportuno farsi un’idea su chi e perché abbia organizzato questo festino senza spumante, a base di benzina. Le ipotesi non sembrano infinite. Soltanto un mitomane o un depistatore! Chi altri poteva piazzare quel materiale nella cabina? Non sarebbe la prima volta nella storia recente di questa città. Consapevole che se in passato siamo riusciti a rispedire al mittente gli attacchi delle forze al servizio del male, ciò è stato possibile solo perché abbiamo avuto la capacità di urlare con maggiore vigore le nostre ragioni, sono certo che anche stavolta la nuova inquisizione rimedierà una sonora sconfitta. Perché nonostante agli occhi di qualche idiota voi possiate apparire deboli, non siete soli. Basta fare una passeggiata per le strade vive di Cosenza, tra quanti respirano nei polmoni disagio e indignazione. Dove i servi sciocchi del male non avranno mai cittadinanza.
un fraterno abbraccio
Claudio Dionesalvi
29 luglio 2012
Il nuovo giornalismo senza paura, sulla scia di Alessandro Bozzo
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