Attentato incendiario contro l’ufficio provinciale del lavoro

Nella notte di capodanno, un ordigno incendiario è esploso in viale Trieste, a pochi centimetri dal portone dell’ufficio provinciale del lavoro.
Alcune persone, che in quel momento si trovavano a transitare con la loro auto sulla vicina via Roma, hanno raccontato di aver notato «un’enorme fiammata. Poi un boato, che ha fatto tremare il quartiere». Inizialmente si è pensato ad un grosso petardo, ma quasi subito è scoppiato un incendio di notevoli dimensioni e gli abitanti hanno fatto scattare l’allarme, tempestando di telefonate i centralini delle forze dell’ordine. Sul posto, in pochi minuti, sono arrivati vigili del fuoco, polizia e carabinieri. I pompieri hanno domato le fiamme, che avevano già raggiunto il portone e minacciavano di propagarsi all’interno dell’edificio. Dai primi rilievi effettuati nel palazzo, sembra che i danni siano limitati: il fumo ha annerito le pareti e il fuoco ha lambito l’insegna dell’ufficio del collocamento, ma non ha intaccato i piani superiori. Tuttavia, senza il tempestivo intervento dei vigili, il bilancio poteva essere più pesante, considerando che intorno a quell’ora i cosentini iniziavano a lasciare le case per partecipare ai veglioni di capodanno. Le schegge e lo spostamento d’aria avrebbero potuto ferire eventuali passanti. Sull’episodio sono in corso indagini e gli inquirenti mantengono il massimo riserbo, ma non hanno alcun dubbio sul fatto che si è trattato di un gesto dimostrativo. Quella che a prima vista è apparsa come la bravata di qualche piromane o lo scherzo di un fanatico della polvere da sparo, potrebbe rivelarsi, nelle prossime ore, come un nuovo attentato contro le istituzioni. In questo caso si tratterebbe di un luogo altamente simbolico, l’ufficio del collocamento, che con il passare del tempo è diventato il teatro delle attese, della protesta e delle vane speranze di centinaia di disoccupati. È ancora presto per avanzare ipotesi sulla natura dell’ordigno. Tuttavia, a giudicare dalle caratteristiche della fiammata, potrebbe essersi trattato di una bottiglia molotov. Non è da escludere, comunque, che gli attentatori abbiano cosparso il portone di benzina, collocando sull’uscio una potente bomba carta, imbottita con frammenti di metallo. Un espediente analogo è stato utilizzato nel recente attentato avvenuto ad Udine, nel quale tre agenti di polizia hanno perso la vita. Dunque, il liquido infiammabile sarebbe servito da miccia, per dare agli esecutori la possibilità di allontanarsi, prima dell’esplosione. I segni lasciati sul marciapiede confermerebbero questa ipotesi, avvalorata anche dalla testimonianza dei passanti che hanno intravisto il bagliore dell’incendio, ma non avrebbero notato movimenti sospetti nei paraggi. Per il momento, polizia e carabinieri non hanno ricevuto segnalazioni sui probabili autori dell’attentato. Nella giornata di ieri è avvenuto un primo sopralluogo al quale hanno partecipato i responsabili dell’ufficio provinciale del lavoro. Bocche cucite nella centrale operativa della Questura e nella caserma dei carabinieri, ma è chiaro che il gesto, per la sua tipologia, non è riconducibile alle attività della criminalità organizzata. Gli investigatori puntano il dito sulla vasta area dei disoccupati in movimento, che negli ultimi mesi, in città e in provincia, hanno dato vita a vivaci manifestazioni per il diritto al lavoro. E indagare nella galassia dei “senza-lavoro” è come inseguire uno squalo negli abissi dell’oceano.
Claudio Dionesalvi
Il Domani, 3 gennaio 1999

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