e me’ a Piero

Sembra quasi di vederti, Pie’, mentre t’aggiri solitario e invisibile tra i giochi appena installati, sul pavimento colorato con la tonalità del cielo di primavera, nel parco che ti hanno intitolato. L’andatura penzolante, i neri capelli lunghi legati, le mani dietro la schiena, lo sguardo beffardo piegato in una posa compiaciuta, nel pieno dell’inaugurazione affianchi il fido Robertino Ritrovato, gli accarezzi la guancia. Ma come gli angeli nei film di Wenders, Robertino nemmeno se n’accorge, avverte solo una piacevole vibrazione, subito soffocata dalla malinconia di leggere il tuo nome impresso sulle insegne del parco, osservare il tuo volto affrescato sul muro della parete perimetrale, senza però ritrovarsi vicino l’amico di sempre, in carne e ossa. Tu gli mormori nell’orecchio qualcosa che lui non può sentire. Quindi ti perdi nella folla e con l’umorismo dispettoso che t’animava nel tempo della tua “vita mortale”, cominci a zigzagare nella folla festante, sibilando sfottò a destra e a manca:
Canale’, si’ sempre nu baccalà. Menu mali ca armenu t’ha cacciatu u viziu i parra’ i pallune,
Sa canzune ca ma v’aviti dedicatu è chiuritusa, però quannn’a’ cantate tutt’assìeme, parìti boiscaut,
E chira faccia disegnata è ra mia? Para nu Panda fujutu du’ zoo.
Poi impugnando un cucchiaino a catapulta, scaraventi pezzi di gelato sulla schiena dei curiosi che s’affacciano da via Roma. Infine passi in rassegna le “titiddre” sudate dei partecipanti all’inaugurazione, per stabilire chi vincerà il premio dell’ascella più puzzolente della serata.
Per un attimo sembra di vederlo, Piero Romeo. E se un simile e piacevole miraggio è possibile, il merito è solo de La Terra di Piero. Bisogna essere grati a Sergio e a tutti quelli e quelle che hanno creduto in quest’idea, e continueranno a farlo. A prescindere da ciò che nei fatti sono riusciti a realizzare, al di là delle missioni in Africa e del Parco senza barriere, stanno portando avanti una battaglia di altruismo, in un tempo di isolamenti, paure, egoismi e rarefazione dei legami sociali. La guerra vera la stanno vincendo sul piano culturale. A Cosenza e nell’area urbana, coloro i quali negli ultimi decenni hanno avuto la capacità di superare le barriere dell’individualismo, spesso però non sono riusciti a oltrepassare il recinto dell’individuo, lasciandosi travolgere da gelosie e assolutismi. Così hanno riconosciuto se stessi, senza volere riconoscere gli altri, lasciandosi andare a un nichilismo dal quale usciamo tutti sconfitti. E persino quanti hanno ritenuto di poter praticare linguaggi nuovi, talvolta non sono andati oltre il pappagallesco e provinciale tentativo di conquistarsi una fettina di micropotere.
La Terra di Piero, invece, ha lasciato che a parlare fossero i fatti, convertendo in qualcosa di concreto la posticcia socialità del touch screen. E quando proprio c’è stato bisogno di usare la parola, ha preferito scandire il verbo della risata. Sfottendo, sgusciando dietro gli ostacoli, mantenendo il battito del cuore vicino a quello del marciapiede e lo sguardo della fantasia sempre rivolto verso un cielo colorato come il pavimento del parco senza barriere. Quel che sarebbe piaciuto a Piero Romeo.
Sembra di vederti, Pie’, mentre leggi queste mia parole e le commenti: ìa Cla’, quante parole ca fa’. E cumu parri veloce. Mi pari a Claudio Cecchetto.
Claudio Dionesalvi

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