Iacchite, quell’antico vizietto inquisitorio della procura di Cosenza

Non mi esaltano né il “tintinnar di manette” né le “zerozerosettate” dell’Antimafia. Preferirei che fossimo noialtri, in massa, nella vita di tutti i giorni e nelle piazze, a porre fine al malgoverno del ceto politico locale. Si può essere d’accordo o meno con gli strumenti e i contenuti adottati da Michele Santagata e Gabriele Carchidi nella redazione del giornale on line iacchite. Impossibile però è accettare che un provvedimento di censura nei loro confronti provenga proprio da un tribunale in cui negli ultimi due decenni si sono consumate le peggiori nefandezze, un tribunale nel quale nessuno dei “nostri” politici ha mai subito un processo, un tribunale in cui operano anche i responsabili del blocco soffocante che impedisce alla nostra città di uscire dal medioevo.
Non avendo letto le carte, ho una conoscenza troppo parziale degli atti. Ma non occorre essere un avvocato per capire che in questo caso l’accusa di stalking è sproporzionata e strumentale. Gli stalker di solito agiscono nell’ombra. Non aprono giornali on line. Siamo di fronte al solito vecchio gioco di prestigio della procura di Cosenza, che spara alto per ottenere il minimo e per sperimentare nuove modalità inquisitorie. Più che tutelare il Sindaco, hanno voluto proteggere tutto un sistema che gestisce e avvelena la vita civile in questa città. I personaggi politici di cui iacchite denunciava malefatte e malaffare, non sono abituati a essere strapazzati. E così hanno sguinzagliato i loro cani da guardia. Inoltre l’accusa di stalking è strategica: la procura sa che nonostante negli ultimi anni Carchidi sia stato raggiunto da tonnellate di querele, non può arrestarlo per il semplice reato di diffamazione. La nuova normativa prevede multe, ma non il carcere, per i giornalisti che diffamano. Ecco perché c’era bisogno di un’ipotesi di reato più pesante, che può aprire le porte a un’eventuale detenzione o ad altri provvedimenti coercitivi come quello già adottato oscurando il giornale.
Dalla tastiera di questo netbook come nella vita reale, per me il garantismo è un meccanismo di sopravvivenza ancor prima che un principio ideale. Presi le difese del Sindaco quando si sparse la voce che a indagare su di lui fosse la procura di Cosenza. Allo stesso modo oggi mi sento vicino a Gabriele e Michele, come a tutte le vittime della nuova inquisizione cosentina.
Lunga vita a chi cospira contro i personaggi che in questa città da sempre gestiscono in modo clientelare e parassitario la sanità, i servizi, l’edilizia popolare e i fondi pubblici.
Le peggiori disgrazie ai loro lecchini!
Claudio Dionesalvi

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