Beach terminal – terza giornata: da Longobardi a Paola

Il sole che s’affaccia tra le nubi tempestose schiaffeggia in testa chiunque osi sfidarlo. Pesante e appiccicosa la sabbia imbottita di pioggia, eppure camminare e scrivere sulla spiaggia è meno proibitivo di ieri: a quaranta gradi, gambe e pensieri si liquefacevano.
A Longobardi ritrovo frammenti viventi dell’utopia sprigionata dal ciclo di lotte che si svilupparono intorno al G8 di Genova nel 2001. Per costruire un Altro mondo non abbiamo bisogno delle istituzioni. Non serve eliminare l’attuale classe politica, mandarla in galera, sostituirci ad essa. Sarebbe sufficiente fare a meno di loro, dei malgovernanti; basterebbe pensare globalmente e agire localmente. L’autonomia è un cammino di vita, non un semplice strumento politico. Le battaglie ambientaliste non sono solo una questione di ecologismo, ma veri e propri atti di resistenza al neoliberismo.
Sono suppergiù questi i principi che animano i ragazzi di Longoterapy a Longobardi:
Più giù, ai piedi del paese, oggi il mare s’è fatto turbolento. Ieri era di una bellezza cristallina, irresistibile.
Non lontano da qui sono stati pescati i famigerati tonnetti dalla lisca bifide. Ma il mare di Longobardi è puro, non c’entra niente. Lo spiega bene il PM Bruno Giordano, della procura di Paola:

Gli fa eco Silvio Greco, biologo marino, già assessore regionale all’Ambiente. Che non lo dice fuori dai denti, ma allude alla questione delle navi dei veleni:

Tra Torremezzo e Fiumefreddo la memoria evade verso i “maledetti” anni ottanta, quando Cosenza Beach si concentrava qui dalla metà di giugno ai primi di settembre. Una spiaggia in queste ore resa semideserta dal passaggio del monsone estivo, rende ancora più spettrale l’esodo dei Cosentini che non villeggiano più da queste parti.
Torremezzo di Falconara Albanese è uno dei centri che hanno risentito maggiormente degli effetti della cementificazione. Nel decennio scorso, un corposo e prezioso lavoro di ricerca sull’abusivismo e gli ecomostri, svolto per conto della Regione Calabria, firmato (tra gli altri) da studiosi come Osvaldo Pieroni, Rocco Pangaro e Giovanni Salerno, si apriva con una citazione amara, ma micidiale nella sua essenzialità: “Costruire un pilastro di cemento armato per ogni bambino che nasce. Cetto La Qualunque”. Il quadro che emerge da quello studio è disarmante. Ben 188 sono le “offese al paesaggio” sul litorale paolano, censite all’interno del documento.
Proiettando lo sguardo verso l’interno, i rilievi della Falconara contribuiscono ad incutere una certa tristezza. Su questi tornanti perse la vita, massacrata da belve (per niente) umane, Roberta:
https://www.inviatodanessuno.it/?p=283
Inquirenti a dir poco inetti non sono riusciti in tanti anni a darle giustizia.
Poco più in là un’altra ragazza tanto bella quanto geniale ha trovato la morte per mano maschile. Maria Rosaria Sessa me la ricordo mentre andavamo a braccetto durante l’ultima rivolta sociale della storia cosentina, quella che il 23 novembre 2002 strappò il mio corpo e quelli di altri 12 attivisti dalle carceri in cui ci avevano rinchiuso la digos di Cosenza e la nuova Inquisizione.
Parole ne sono state sprecate tante. Non resta che restare in silenzio e rivolgere gli occhi al cielo. Muto il pianeta Venere forse conosce il martirio di queste due donne.

Era ridotto a magazzino, il castello di Fiumefreddo, svettante dalla rocciosa collinetta sovrastante il litorale. Poi un restauro, il parziale recupero dei ruderi, gli affreschi del grande artista Salvatore Fiume lo hanno impreziosito. Narra Emilio Frangella che nella seconda metà del seicento fu teatro di un episodio prodigioso. All’epoca era dimora del marchese Ferdinando Gerolamo e della moglie Lucrezia Ruffo. Rimasero entrambi scioccati dal terremoto del 1693. Tanto che a lungo vissero in una baracca di legno. Ci volle tutta la verve spirituale del beato Nicola Saggio di Longobardi per convincerli a rientrare nel castello. Una sera il beato Nicola fece il miracolo: inginocchiato davanti all’altare della Vergine addolorata nella cappella del castello, in pieno rapimento mistico si staccò da terra e rimase sospeso in aria.
E se all’epoca gli abitanti di codeste contrade potevano ancora occuparsi dello spirito, oggi siamo presi da ben altre preoccupazioni.
Il PM Bruno Giordano spiega come sempre in modo chiaro la causa prima di uno dei mali atavici della nostra costa:

Francesco Cirillo, ambientalista incontenibile, individua anche altre problematiche:

A Paola arrivo nella tarda mattinata ingrigita dal maltempo. Mentre vago per il lungomare, una macchina della Guardia Costiera mi pedina insospettita.
Come la sua rivale Amantea, Paola custodisce delle intelligenze preziose. Voci scomode, di cui nessun ceto politico amministrativo locale vorrà mai tenere conto:
Angelo Pagliaro è uno scrittore libertario. Ha pubblicato testi importanti sulla storia di questi luoghi, soprattutto sugli uomini e le donne che hanno contribuito a difenderne la dignità.

Mi infilo nelle strade che s’inerpicano verso il suggestivo centro storico. Avevo un amico da queste parti. Ci ha lasciato troppo presto. Stefano Cuzzocrea era un artista, un ragazzo che ti colpiva per le maniere da gentiluomo e lo sguardo profondo. Tutte le volte che ripenso a lui, sono assalito dallo sgomento per il senso di finitezza dell’esistenza, ma rinvigorito dall’immortalità di un’intelligenza sociale come la sua.
A Luigi Politano, nostro comune amico, ottimo editore originario di Fuscaldo, chiedo di tracciarne la figura in poche battute:
“Stefano era per me un amico. Uno di quelli che ti guardano e già sanno tutto. Uno che mi faceva incazzare e da cui non mi sarei mai voluto staccare. Praf era una persona molto particolare e delle volte penso che ci sia voluta una tragedia per far capire a molti, la persona che si sono trovati di fronte in questi anni. Penso fosse un po’ genio e spregiudicatezza. Uno che usava le parole come pochi: con magica armonia. Ci siamo conosciuti giovanissimi ed è sostanzialmente la passione per la scrittura e il giornalismo quello che ci ha uniti in questi anni. Quello che poi, nelle sue diverse forme, è diventata la nostra vita quotidiana. Per capire bene chi fosse basta leggere quello che i suoi amici, le persone che lo hanno conosciuto anche solo per una lunga notte a parlare e bere qualcosa, i suoi colleghi e la sua famiglia, scrivono di continuo sulla sua pagina Facebook. Racconti e storie fatte di bellezza e follia, quella che qualcuno ha sempre giudicato male per poi rendersi conto – in ritardo – che di fonte aveva un uomo che guardava il mondo cercando la passione che lo muove. Sì, perché se pensi a Stefano non puoi non pensare alla musica e a quanto una passione ti possa portare lontano. Di strada ne ha fatta tanta e tanta ne avrebbe percorsa ancora, nonostante questo assurdo lavoro che ti si radica dentro e di cui non puoi fare a meno. Secondo me era un ottimo giornalista, un polemico intellettuale sopra le righe e mai banale, uno scassacazzi come pochi, una persona che ti sapeva ascoltare e da cui trovare sempre una risposta incoraggiante. Stefano era così, come lo hai conosciuto anche tu. Quello per cui una serata sai sempre quando inizia, te e accorgi subito, la fine poi… Quella sarebbe stata sempre tutta un’incognita con la certezza di rincasare sempre con un sorriso stampato su una faccia stanca. Praffitiello, Sprall, Ste, Cuzzo per alcuni. Sempre e solo un ballerino che volteggiava sulle parole, quando lo schermo del pc diventa una console e allo stesso tempo una rotativa che si muove a ritmo di R&b, e tu non puoi fare altro che farti cullare dalle sue parole a tempo di musica. Vittorie romantiche e sconfitte reali avrebbe detto, ma non ha mai smesso di lottare. Mai. Era la piccola voce fuori dal coro che diventa direttore d’orchestra. Era Praf. Era un mio amico”.
Tra quanti sono pronti a raccogliere l’eredità culturale di Stefano, attivissimi sono i giovani che hanno trovato un valido punto di riferimento nell’Arci di Paola. Cecilia Cavallo ne è presidente:

Prima di congedarmi da Paola, doveroso incontrare chi la vive, la ama e maledice il malgoverno che la mortifica. Insieme a Francesco Cirillo da Diamante, meglio di tanti altri c’è uno scrittore che ha descritto la violenza subita da questi luoghi. È Mauro Minervino:

(continua)

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