beach terminal – prima giornata: da Campora ad Amantea

Beach terminal: cronache dalle spiagge del Tirreno, nei panni di un ambulante rumeno.
Prima giornata – Da Campora ad Amantea

“(…) ma c’è voluto del talento   per riuscire ad invecchiare senza diventare adulti.   Mio amore   mio dolce mio meraviglioso amore   dall’alba chiara finché il giorno muore   ti amo ancora sai ti amo”.
(La canzone dei vecchi amanti – La chanson des vieux amants)
Franco Battiato FLEURs
D’improvviso esplodono il verde e il blu. Accade da queste parti in primavera. Sono colori che regnano per più di due stagioni. A farmelo notare è Mauro Minervino, scrittore, uno dei tanti esseri umani che incontro in questo viaggio. Osservata dall’alto, dall’abbazia di Santa Maria di Persano, dietro San Lucido, dove mille anni fa vivevano monaci eremiti, la costa tirrenica è stupenda, non diversa da tanti altri paesaggi costieri.
Visti dall’alto, i mari, come le città, sono piatti, lisci, privi di rilievi. Sembrano tutti uguali. E ti pare quasi di poterli dominare. Se scendi in basso, noti le onde, le sfumature, il rapporto tra terra e acqua. Così cominci a scorgere le differenze.
In un passato non remoto, il litorale tirrenico cosentino era meraviglioso. Per certi versi, lo è ancora. Negli ultimi quaranta anni, però, soprattutto per effetto del turismo di massa, ha cambiato volto. Sempre suggestivo rimane, eppure le piaghe del mare e dei territori si vedono, anzi si toccano. Cementificazione, inquinamento ed erosione costiera hanno reso tutto meno attraente. Quella che segue è un’inchiesta sullo stato di salute sociale e ambientale del nostro mare, realizzata viaggiando per giorni e notti lungo le spiagge della costa, da Amantea a Praia, travestito da ambulante rumeno.

beach terminal Campora-Amantea - Copia

Una volta, passando da Fuscaldo, mia madre me l’ha confidato: “Cla’, sai ch’è qui che t’abbiamo concepito?”
Con mano intimidita e sorriso un po’ beffardo, lei indicò un hotel sul ciglio della Strada Statale 18. Rimasi ammaliato da quell’improvvisa confidenza. Mi resi conto del perché, da sempre, tornando sul Tirreno avverto una sensazione di riscoperta della sorgente, m’accarezza la pelle un brividoso ricordo del tempo dei giochi e delle monellerie.
Non bisognerebbe mai smettere di giocare. Vagare per giorni e notti sulla sabbia bagnata da questo mare, sotto un caldo afoso, allontana dal sé abituale. E offre lo spazio per ritrovarsi giocosi e monelli. La libertà d’essere poveri, irriconoscibili, disprezzati e senza meta, suscita l’illusione temporanea di un orgasmo pari solo al piacere di un amplesso con la persona amata, riverbera l’infinito istante che segue o precede l’atto amoroso. C’è un termine intraducibile per descrivere la felicità derivante dal compiacimento: “preiarsi”. È una delle parole dei nostri dialetti, che ormai solo i più anziani pronunciano. Deriva dal bruzio, cioè dal bretico, la lingua del popolo che abitava queste contrade prima che arrivassero Greci e Romani. Il linguista John Trumper ha scovato più di ottanta termini di uso comune, che sopravvivono nel lessico dialettale odierno. Presto uscirà un suo libro in cui li racconta uno per uno.

L’incontro tra corpi che si scambiano posizioni, è la natura profonda delle Calabrie, da sempre zona di confini mobili. Popolazioni diverse si sono incontrate, sospinte, scontrate, a volte persino tollerate. In età medievale, per i Bizantini il Tirreno fu frontiera, luogo di scambio, roccaforte. Le principali vie di collegamento scorrevano lungo questo mare, non all’interno del territorio.
Il confine amministrativo meridionale della provincia cosentina, sul versante tirrenico, è duttile. Nei pressi di Campora San Giovanni è sufficiente affacciarsi sulla superstrada per toccare con mano il mutamento sociale. Fino a pochi anni fa il bracciantato impiegato nei campi a sud di Amantea calava dall’entroterra, dai luoghi in cui i Normanni, dopo l’anno mille, con i loro magnifici falconi addestrati andavano a caccia di uccelli (“augella”): le vicine Aiello Calabro e Serra d’Aiello. Adesso invece sulla superstrada scorrono i migranti in bicicletta. Sono loro a raccogliere le cipolle di Tropea che non si producono più a Tropea bensì qui. Le vere cipolle di Tropea partono subito per il nord, appena raccolte. Il costo del lavoro dei migranti è da Paesi dell’est europeo. Provengono da un ex Centro Accoglienza Richiedenti Asilo, un residence di Falerna dove sono stati abbandonati dai “buoni” del romanzo di Luca Rastello:

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Poco più a sud, a Nocera Terinese, irrompe la foce del Savuto. Sarà forse la maledizione della regina Isabella d’Aragona, che vi annegò nel 1271. Di fatto oggi questo fiume è uno dei maggiori responsabili dell’inquinamento marino. Cioè, non lui, ma i bipedi che vi scaricano tonnellate di porcherie. Gli ultimi provvedimenti giudiziari sono scattati nel giugno scorso, ordinati dalla procura di Paola, che in materia di reati ambientali non scherza. Numerose le inchieste avviate negli ultimi anni; le più clamorose quelle sugli impianti di Orsomarso, Paola e di San Sago (Tortora). A Scigliano, uno dei centri che scaricano nel Bisirico, affluente del Savuto, sono stati sequestrati tre depuratori. Secondo le accuse, diverse tonnellate di liquami fognari confluivano direttamente nel torrente, senza depurazione.
Ecco cosa pensa il PM Bruno Giordano, in generale, della questione dei depuratori:

Un parere, quello del responsabile di diversi altri procedimenti in materia di reati legati alla mancata depurazione, non distante da quello di Francesco Cirillo, scrittore, ambientalista, studioso, grande conoscitore del contesto socioculturale tirrenico:

Giuliano Santoro, autore di “Su due piedi”, il libro più bello tra quelli scritti sulla Calabria dei giorni nostri, ripassando oggi da queste contrade, avrebbe intervistato l’attivista sindacale Geppino Ianni, nativo della vicina Serra d’Aiello. Se Ianni fosse ancora vivo! Geppino è infatti deceduto una manciata di anni fa. Lavorava nell’Istituto Papa Giovanni di Serra d’Aiello, Comune a pochi chilometri da qui. Nel decennio scorso l’IPG è stato travolto da un’inchiesta giudiziaria che ha portato all’arresto di preti-amministratori di dubbia condotta evangelica. Insieme a pochi altri coraggiosi colleghi di lavoro e a suo fratello Gianfranco, Geppino Ianni fu uno dei primi a denunciare la vergogna dell’IPG, quando ancora nessun ufficio inquirente aveva trovato il tempo e il coraggio di aprire gli occhi:

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Difficile in questo periodo distogliere lo sguardo dalle spiagge. Automatico rivolgerlo alla dorsale tirrenica. Pochi chilometri all’interno, si dipanano storie sociali dall’alto potenziale costruttivo. A Cleto, per esempio, non tutti hanno abbandonato il pericolante e suggestivo centro storico:

Sono piovuti persino dei privati da Brescia. Hanno comprato e ristrutturato alcuni edifici. L’iniziativa spontanea copre solo in parte l’immobilismo istituzionale:

E nella seconda metà di agosto, per pochi giorni, Cleto si mostra al mondo in tutto il suo fascino:

Ritorno planando su Campora. Passeggiando sulla spiaggia, m’accorgo d’essere diventato invisibile. A ogni tentativo d’approccio, la gente mi scansa. Qualcuno mi riconosce e scoppiano risate fragorose. A dispetto delle lamentele, il mare è limpido, perlomeno lo è nella fascia oraria in cui mi trovo a passare da queste parti. Non depone a favore il portale sulla qualità dell’acqua gestito dal governo: l’ultima campionatura risale al 6 luglio scorso, quasi a voler suscitare il sospetto che si voglia mascherare qualche scomoda verità.
Tra le persone che incrocio, il professor Giulio Colavolpe, docente di Telecomunicazioni all’università di Parma, amanteano. Mi racconta di un suo recente bagno nei pressi dello Scoglio delle Formiche, davanti Coreca. Cristallina l’acqua intorno allo scoglio, però si notava una patina giallognola all’approssimarsi alla riva: “Si tratta di un’eutrofizzazione crescente di anno in anno, sulla quale sarebbe il caso di agire”.
Alle porte del lido Carioca, mi accoglie Arturo Suriano, architetto e insegnante. Sarà lui la mia guida nel secondo giorno di viaggio da Amantea a Longobardi. Due ragazze migranti danzano all’ingresso della spiaggia. Mi lascio andare a un catartico balletto afro-gitano.

(continua)

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