«Se dobbiamo scambiare due battute muoviamoci, perché voglio andare a fare una corsetta. I miei ragazzi si sono divertiti oggi in allenamento. Adesso vorrei sgambettare anch’io». Nonostante le origini nordiche, Giuliano Sonzogni è solare come il gioco della sua squadra. Mentre passeggia dietro le quinte del “San Vito”, il mister nasconde lo sguardo fiero sotto robusti occhiali scuri e impugna l’inseparabile taccuino. Se fosse un cantautore, si chiamerebbe Lucio Battisti. Severo e brillante, imprevedibile e riservato, il tecnico rossoblù si concede un momento di relax.
Dottor Sonzogni, la sua concezione del calcio somiglia molto al cinema sovietico: un’opera collettiva, senza protagonisti. Le sembra un paragone calzante?
«Forse un elogio troppo grande. Lo accetto solo se il riferimento è agli interpreti. Il regista sarei io e non credo di meritare un simile complimento. Cerco solo di trasmettere la mia mentalità ai ragazzi. Se diciotto o venti giocatori la recepiscono, viene fuori un calcio positivo. Ma se qualcuno la rifiuta, allora si va incontro al caos. Per il momento, c’è la dedizione completa al lavoro».
Se mercoledì scorso il Cosenza avesse vinto all’Olimpico, sarebbero crollati i mercati azionari, perché la Lazio è quotata. Lei cosa ne pensa dell’ingresso del calcio nella borsa valori?
«È un fallimento, perché è irrazionale puntare le proprie azioni sul rimbalzo di un pallone o comunque su uno sport in cui prevale la fortuna».
Uno dei grandi temi del momento è il doping. Lo considera strumentale?
«No, ho apprezzato molto Zeman. Quando una persona decide di rischiare, lo può fare solo se ha idee chiare e documentabili. I fatti gli stanno dando ragione. Probabilmente, alla base del fenomeno c’era un meccanismo organizzato. Adesso però si sta insistendo troppo sull’argomento».
La magistratura è intervenuta nel calcio…
«È giusto. È un ambiente che va controllato come tutti gli altri. Il calcio è il satellite di un pianeta, una rotellina di un ingranaggio. Non possiamo staccarla».
Sì, ma nel caso di Empoli-Juventus la Procura si è intrufolata nelle dinamiche del regolamento…
« Non serve parlare dopo, quando la frittata ormai è fatta. Se dipendesse da me, la moviola sarebbe immediata. Durante la partita, l’arbitro potrebbe valutare i singoli casi e decidere subito. Così, la sera nessuno parlerà più di niente».
Lei è stato in Francia. Cosa le è piaciuto dei Mondiali?
«L’Italia è la squadra che ha giocato peggio di tutte. È un peccato, perché fino a qualche anno fa, la nazionale esprimeva un signor calcio. Da italiano, mi sono vergognato. La Francia ha meritato di vincere, anche se forse ha giocato meglio l’Olanda».
Quali sono i nemici di un allenatore sincero?
«Tanti. Tutti».
Qualche giorno fa, lei ha dichiarato che per dare grinta alla squadra, nello spogliatoio ripete sempre: “Voi siete il Cosenza”. Perché?
«Un po’ perché mi sono affezionato alla città e ai suoi colori. E poi, non bisogna dimenticare che né io né i miei ragazzi siamo bravi. Abbiamo solo vinto un campionato di C1. La nostra medicina deve essere la voglia di migliorare. Se ci sentiamo appagati, prendiamo schiaffoni da tutti».
Claudio Dionesalvi
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