Cori, striscioni, sciarpe, bandiere, fumogeni. Scontri e gemellaggi. Amicizia e violenza. Sono solo alcuni degli elementi espressi dal mondo ultrà. Un fenomeno che da anni ha valicato i confini delle curve degli stadi e dei palazzetti italiani, ma che in questi luoghi si rappresenta. E comunica. Anche all’esterno. Con giornali, fanzine e siti internet. Da quindici anni in edicola c’è Supertifo che esce ogni due settimane bruciando oltre 30 mila copie (ma si calcola che la diffusione sia di circa tre volte superiore). Al suo interno rubriche, interviste e “speciali” dedicati ai settori più accesi, coreografici e contraddittori del tifo. Ma ora la comunicazione passa soprattutto attraverso la Rete, con moltissimi siti dedicati e organizzati da gruppi ultrà, in Italia e all’estero. Tutto ebbe però inizio con le fanzine. E con il primo – storico – tentativo di mettere insieme i rappresentanti dei gruppi ultrà in un raduno italiano.
Non a Milano, Torino o Roma, ma a Cosenza, città con una squadra in B, una delle curve più creative e un frate molto tifoso…
(Marco Mathieu)
Ultrà-zine d’assalto
Un legame uterino unisce i linguaggi del tifo organizzato alla politica e al gergo della musica. Il fenomeno delle fanzine lo conferma. Fan significa “fanatico” e zine, magazine: “rivista”. La diffusione di stampe alternative, un tempo ritenute semiclandestine, risale all’inizio degli anni Settanta. Ma si trattava di un’editoria sommersa, espressione di culture e tendenze maturate nei movimenti giovanili di critica all’esistente, oppure era partorita da rockettari e tribù metropolitane. Lentamente, questa pratica è trasmigrata nelle curve degli stadi di calcio. In Inghilterra, il passaggio è avvenuto prima. In Italia si è sviluppato sul finire degli anni Ottanta. Oggi, quasi ogni gruppo ha il suo giornalino. Sono fogli autoprodotti, letti da migliaia di persone. Nella maggior parte dei casi, le ultrà-zine non riescono a uscire rispettando scadenze. I contenuti pubblicati sono molto caotici e riflettono una mescolanza di tematiche calcistiche e sottoculturali. Oltre a Tam Tam, e segnali di fumo degli ultrà Cosenza, di cui parleremo diffusamente in seguito, in evidenza La voce della curva, organo dei laziali, stampato su carta patinata e distribuito con una tiratura notevole. Di fatto, ha sostituito Mr. Henrich, una fanza militante diffusa negli anni passati nella nord dell’Olimpico. Sul versante settentrionale, da sottolineare il foglio redatto dalla Fossa del Milan: esperienza molto radicata nel tempo. Ultrazzurro, invece, è il periodico dei napoletani, con tanto di angolo borbonico riservato a una rubrica di storia cittadina. Altre testate degne di note sono Nk dell’Udinese, Tradizione Cucn della Reggina, le parmensi Boys e Potere crociato, la veneziana 1987. Nelle categorie calcistiche inferiori, spiccano L’acciarino degli Ultrà cavesi e il Bollettino dei Warrios Palermo. Anche a Catanzaro gli Ultras hanno ripreso a distribuire fogli carichi di significato. Per quanto riguarda, invece, i gruppi del basket, va sottolineato l’elevato spessore teorico dalla fanzine redatta dalla Fossa Fortitudo Bologna. Il restante panorama offre prodotti piuttosto omologati. Spesso è difficile distinguere i giornalini stampati dai coordinamenti club da quelli redatti all’interno dei gruppi ultrà. Tuttavia, il nemico peggiore delle fan-zine è rappresentato dall’eccesso di politicizzazione. Non è facile preservare questi fogli dai tentativi di chi vorrebbe trasformarli in organi di partito, L’aspetto più interessante deriva dagli impressionanti livelli di partecipazione che si verificano quando le pagine vengono aperte alla collaborazione di singoli individui, tifosi e giovani supporters. Spesso, sul piano della creatività e dello stile, questi giornalini rivelano una grande originalità. La novità degli ultimi due anni è costituita dai siti Internet. Dalla serie A ai dilettanti, tutti i gruppi hanno uno spazio di visibilità nella Rete. Le mailing list sono piene di messaggi che anticipano battaglie, raccontano l’epica degli ultrà e svelano la trama dei rapporti tra le tifoserie.
Viste dall’esterno, le curve possono sembrare masse amorfe di guardoni. Ma al loro interno custodiscono infiniti valori e simboli. Attraverso le fanzine è facile conoscerne l’intensità. Leggendole, spesso si riescono ad azzerare luoghi comuni e semplificazioni.
Una fanza militante
L’idea di recuperare il Tam Tam e stamparlo in tipografia è venuta a Zu Ciccio nel ’97. È uno dei fondatori degli Sconvolti e insieme a lui, dodici anni fa, quando esisteva la Nuova Guardia, iniziò l’esperienza della fanzine Tam Tam e segnali di fumo. Provando a risalire indietro con la memoria, a Cosenza il fenomeno delle «fanze» di curva è nato nell’84 o l’85 al massimo.
Ma all’epoca non c’ero. Appartengo a una generazione successiva. Quella, appunto, della Nuova Guardia: teppismo creativo e tante stranezze. Tendenzialmente ribelli. Non ho partecipato alla nascita delle prime vere ultrà-zine: le antenate di Tam Tam e dei giornalini prodotti dalle curve di tutta l’Italia, però le leggevo. Si chiamavano: Voce ribelle, Urlo di carta. Le facevano Luca Ardenti e Paride Leporace. Adesso il primo lavora come direttore della Casa delle Culture. Il secondo fa il caposervizio nel più grosso quotidiano di Cosenza. Due fanzinari Doc siedono ai vertici dei due poli comunicativi più interessanti dell’area urbana. Un fatto decisamente positivo. Le cose che si dicevano e scrivevano su quei fogli ciclostilati, spillati e distribuiti allo stadio nella metà degli anni Ottanta, non sono andate disperse. Hanno contaminato la città.
Ma tutto questo cosa c’entra con il calcio? Insomma, l’anno della serie «C» a Zu Ciccio Conforti è venuta quest’idea del giornalino, con tanto di registrazione in tribunale. All’inizio c’era il problema di trovare i soldi per partire. Sputa che ci indovini: siamo andati dal «monaco». Ci ha dato 800 mila lire. Noi in cambio gli abbiamo garantito la pubblicità perpetua dell’Oasi francescana sulle pagine del rinato Tam Tam. Da quel momento in poi, la storia è andata avanti da sola. Il contributo migliore all’impresa lo ha dato Sergio Canaletta, che ha escogitato la prima copertina. Clamorosa. Scritta a caratteri cubitali «A volte ritorniamo» con una foto di una fumogenata sullo sfondo.
Ma questo cosa c’entra con la vita di tutti i giorni? In curva e fuori è stato subito un successo. Quasi mille copie vendute. Troppo divertente vedere il vecchio tifoso, cuscinetto rossoblù sotto il braccio, con il Tam Tam nella tasca del pantalone. L’accostamento di argomenti diversi, sulle pagine della fanza, provoca una sensazione di piacevole smarrimento. Cose strane. Il consueto articolo velenoso di Gabriele Carchidi che attacca il presidente Pagliuso, le poesie scritte da ultrà, le vignette satiriche sui fatti accaduti in città, il parere dello storico Paul Ginsborg e le recensioni dei concerti.
Ma tutto questo cosa c’entra con lo sport? La Procura apriva immediatamente un fascicolo: “Tam Tam puzza di sovversione”. Dino Grazioso ideava le vignette dei Freak Brothers tradotte in cosentino. Intanto, arrivava una mamma che ti chiedeva di pubblicarle un articolo-denuncia sulla storia del figlio tossicodipendente bistrattato dagli infermieri che gestiscono il metadone. La lettera aperta del ragazzo chiuso in carcere per erba. Le foto dei poliziotti che picchiano selvaggiamente un ultrà inerte sull’asfalto. Gli zingari che bloccano la strada perché vogliono una casa. Tam Tam continua a crescere spontaneamente. Come accadeva in passato. All’una di notte, con un Pc portatile, infilati in una macchina. Fuori, il temporale e gli sbirri che ti hanno fermato. Oppure mentre stai fumando insieme a Carminuzzu. Adesso Carminuzzu non c’è più. Lui ti guarda e dice: «Te la immagini una copertina con il tecnico del Cosenza calato nella locandina di quel film con Lino Banfi, L’allenatore nel pallone?». Il giorno dopo ti precipiti dall’amico grafico a farti disegnare tutto. Funziona. La gente legge e compra Tam Tam. Anche in edicola. Giuliano ti chiama da Nocera: “Ma quann cazz me le mandi ‘ste fanzìn?!”. E ancora una volta ti chiedi cosa c’entra…
La «croce» di impaginare e coordinare se l’è presa Dino, che adesso è diffidato, ma il TamTam continua a farlo lo stesso. Subito tutti hanno iniziato a darci una mano. Le persone ti fermano per strada e criticano, apprezzano, discutono. I ragazzi vendono la fanza ogni domenica ai quattro angoli dello stadio. Possono usare il ricavato per compare il biglietto di curva. E non riesci a capire se Tam Tam è un giornale o una fanzine. Alla fine deduci che è venuta fuori un’insalata di calcio e vita comune. Momenti di passione strettamente pallonari, alternati ad angosce e speranze esistenziali. A Cosenza ormai da tempo non si vive di più di calcio. Eppure, anche oggi, sul più bello, quando meno te lo aspetti, durante una messa o un dibattito politico, un amplesso o un funerale, si può aprire un varco improvviso sulle vicende dello stadio San Vito, sugli aspetti più insulsi della vita dei calciatori, sulla campagna acquisti o la trasferta della domenica dopo. Capisci che fa tutto parte del gioco, ma sai che non riusciresti mai a spiegarlo alla gente. In fondo, non ne hai neanche voglia. Tanto, su quelle fottute gradinate hai vissuto i momenti più belli, amore e odio. Amicizia e antipatia, umanità allo stato brado, con tanto di ipocrisia e malignità. Lontano dalle illusioni di chi vorrebbe cambiare il mondo senza prima aver cambiato se stesso. Tu sei orgoglioso «di aver ritagliato, in una valvola di sfogo costruita dal Potere, un momento di aggregazione, che finisce per trasformare lo spazio esterno, la città, condizionando le relazioni sociali». Alzi lo sguardo e pensi al gol del capitano, domenica scorsa. La rete si gonfia. Un orgasmo. Riparte il Tam Tam
Un monaco da stadio
Ultrà nella vita, missionario negli stadi di calcio. Il monaco ormai lo conoscono pure le pietre. L’immagine di Padre Fedele Bisceglia è stata addomesticata da un numero impressionante di servizi giornalistici: interviste, apparizione nei salotti di Rai e Mediaset, almeno due video-documentari, un libro. E lui ne approfitta, da grande conoscitore delle tecniche di comunicazione. Sa di avere una faccia commestibile. Si getta in pasto a chi vuole usarlo, pur di strappare al prossimo quel pizzico di simpatia che inevitabilmente poi produce un gesto di solidarietà. Vende se stesso in cambio delle briciole di benessere che servono ad alleviare le sofferenze dei più deboli, della gente abbandonata, dei migranti. Dopo aver fatto il pieno, vola in Africa a spalmare sulle zona più critiche il frutto delle sue iniziative. Un paio di volte ha anche rischiato di rimetterci la pelle e il saio. Quando si trasportano soldi, medicine e cibo in un Paese sconvolto dalla guerra civile, è molto facile ritrovarsi con un machete puntato alla gola. A lui è successo qualche anno fa e se l’è cavata con qualche graffio. Gli è capitato pure, nel febbraio scorso, di contrarre la maggiore delle malarie. Febbre a 41. I medici lo hanno salvato tirandolo per i capelli. Se ne era quasi andato. Ma fino all’ultimo insisteva: “Sono un medico anch’io. Vi assicuro che è una semplice influenza”. Una notte a Cosenza i confratelli del convento dei cappuccini lo hanno sentito urlare. Credevano che fosse stato rapito dal demonio. Invece stava delirando. Era arrivato ad uno stadio critico della malattia. Ricoverato d’urgenza, ce l’ha fatta. Negli ultimi tempi poi, si è messo in testa di dormire sotto il ponte nei pressi della struttura per l’accoglienza dei poveri da lui fondata: l’Oasi francescana. Ha deciso di allargarla, realizzando un enorme centro di servizi per immigrati, ragazze-madri e senza fissa dimora. Un progetto mastodontico. Un vero e proprio chiodo fisso che gli è entrato nella mente. Ma siccome ha trovato alcuni ostacoli nell’ottenere la concessione del terreno, vuole dormire sotto il ponte in segno di protesta. Non sarebbe la prima iniziativa clamorosa. In passato, ha fatto cose più eclatanti. Come, per esempio, quando andava in giro per i semafori, insieme ai lavavetri, distribuendo copie del vangelo agli automobilisti. Così Padre Fedele replicava ad un prelato siciliano, che lo aveva attaccato pubblicamente per il fatto che era riuscito ad acquistare un’ambulanza riservata alle persone indigenti, grazie al contributo offertogli da una pornodiva. Allo stadio, negli ultimi tempi, si vede poco. La mitologia calcistica da Libro Cuore lo ha dipinto per anni come il Capo degli Ultrà Cosenza. Una bufala colossale. In realtà, Padre Fedele rappresentava un punto di riferimento per tanti curvaioli. E lo è ancora, nonostante il suo autoesilio. Diserta il “San Vito” perché è entrato in feroce polemica con il Presidente del Cosenza Calcio, Pagliuso. In città, almeno cinquemila persone la pensano come il monaco. Gli altri quattromila tifosi vanno allo stadio, ma contestano comunque e duramente la dirigenza. Il monaco preferisce farlo a distanza. Teme di perdere in pubblico il controllo delle sue azioni. E quando lo perde, diventa un ultrà a tutti gli effetti. Un episodio: all’inizio del campionato, i contestatori più accaniti hanno noleggiato un aereo che ha sorvolato lo stadio durante la partita con la scritta : “Pagliuso vattene”. Padre Fedele non c’entrava nulla. Eppure Pagliuso ha pensato che fosse colpa sua e gli ha subito telefonato. “Ti Faccio un c…. così”. Il missionario non ha raccolto la provocazione. È stato da poco rieletto ministro provinciale dei frati minori cappuccini. Quindi preferisce concentrarsi su altre questioni: gli aiuti da inviare in Albania, il fondo speciale di solidarietà per le spese legali dei ragazzi diffidati allo stadio, i permessi di soggiorno per gli immigrati moldavi, la tenda di Natale per l’Africa. L’anno scorso, un grossa mano è arrivata dagli ultrà del Casarano, che hanno raccolto fondi e materiali fino a riempire un container. Quest’anno l’impresa è più dura. Oltre a sostenere i bambini africani, c’è da lavorare per chi soffre qui e adesso, nell’Italia che entra in Europa. Bisogna gettare la prima pietra della nuova Oasi francescana. E il monaco non vede l’ora.
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