Ciao To’

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“T…o…n…i…o
T…u…c…c…i
e…r…a           u…n…o
s…p…l…e…n…d…i…d…o
q…u…a…r…a…n…t…e…n…”.
Niente da fare. Quel maledetto computer continuava a singhiozzare. S’inceppava. Ogni tentativo di scrivere una decina di righe sulla prematura scomparsa di Tonio, si rivelava inutile. Le parole sparivano. Forse la colpa era della mano del cronista. Riceveva impulsi frenetici dal cervello, e non riusciva a dialogare con la tastiera. Oppure, più semplicemente, è vero che i computer hanno un’anima. Riescono a commuoversi. Ma c’era un vento nevoso quella mattina. E bisognava scappare al funerale. Non esisteva la possibilità di fermarsi a riflettere. Si poteva solo, tra una lacrima e l’altra, arrabbiarsi e imprecare.
Sì, perché la morte improvvisa di uno come Tonio farebbe piangere persino il peggiore degli sciacalli. Quando si spegne un essere vivente come lui, il resto del mondo ha il diritto di disperarsi, “Ma che ci stiamo a fare su questo pianeta, se poi dobbiamo separarci dai nostri affetti migliori, senza avere il tempo di valorizzarli, stringerli, apprezzarli?”
Domande eterne. Interrogativi senza soluzione. A Tonio interessavano poco. Lui preferiva soffermarsi su aspetti concreti del vivere quotidiano: i suoi figli, Giovanna, la memoria storica dei Tucci, i ragazzi che ogni giorno educava in una classe che diventava un universo aperto, dinamico, sensibile più alla società prensile che alla materia rigida dei testi scolastici. Aveva attraversato gli anni settanta. Ne era uscito a testa alta; a differenza di tanti altri, poteva parlarne sorridendo, perché nei due decenni successivi alla stagione delle grandi lotte, ha continuato a “caminar preguntando”. Non si è rinchiuso nel proprio io. Ha trovato un sistema per associare il proprio corpo all’agire sociale. In una parola: era “biopolitico”. Forse Tonio conosceva poco il subcomandante Marcos, ma degli zapatisti aveva la virtù più grande: l’umanità, quindi il senso di condivisione dei problemi reali, che solo raramente si agita nelle coscienze ‘di sinistra’. Tonio era preparatissimo sul tempo presente, aveva pubblicato diversi libri e inchieste, gestiva l’Osservatorio sul fenomeno mafioso dell’Università della Calabria, contribuiva concretamente ad alleviare le sofferenze delle popolazioni colpite dalle calamità naturali.
Insomma, chiunque al suo posto avrebbe potuto agitare un pizzico di presunzione. Niente. Era umile come un bambino. Un’umiltà effusiva, unita a un carattere determinato, che circa dieci anni fa, nell’ultimo congresso di Democrazia Proletaria, lo aveva portato a una scelta di grande autonomia dai nascenti partiti. Tonio era questo e altro. Un tifoso del Cosenza. Un comunista. Un Insegnante. Uno studioso. La bandiera del “Che”, i colori rossoblù, i canti di De Andrè. Lo avremmo salutato a pugno chiuso. Ma la gente non avrebbe capito. Così come non è comprensibile il comportamento di questo computer, che continua a inceppar…
Claudio Dionesalvi
TR, marzo 2001

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