Cosangeles confidential

Questo libro raccoglie diverse tendenze della letteratura, ma non è ascrivibile a pieno a nessuna di esse: non è un noir tout court alla Raymond Chandler, non è un romanzo-cronaca come il Gomorra di Roberto Saviano, non è nemmeno una pulp stories come quella di James Ellroy (anche se ci va molto vicino in alcuni passaggi) e, per fortuna, non è un giallo “all’italiana” pronto a trasformarsi in fiction. “Za Peppa: Come nasce una mafia” è un noir atipico che vanta una bella prefazione di Paride Leporace (succinta ma molto sentita) e la prefazione di Eugenio Furia (in alcuni punti addirittura filologico, ad esempio quando paragona alcuni termini dello slang cosentino a quello utilizzato dai drughi di Alex in Arancia Meccanica) ed è la seconda uscita di Coessenza.
Il romanzo di Claudio Dionesalvi ha un classico impianto ellroyano, alla Los Angeles confidential per capirsi, ed alle voci narranti (voci femminili; pare che in questo periodo ci sia una declinazione al femminile della malavita letteraria) si accostano articoli di giornali (dove nei romanzi di Ellroy trovavamo i tabloid pornosoft hollywoodiani Dionesalvi fa comparire i fogli d’informazione della Calabria dei primi del novecento) e dispacci di zelanti poliziotti e lettere dal carcere (queste ultime due fonti, a differenza dei giornali dell’epoca, dovrebbero essere state rivisitate). Il teatro della storia e la Cosenza del secolo scorso ed i protagonisti sono dei goodfellas in salsa e puarcu che vedevano nella mafia primitiva una sorta di stato in risposta a quello Monarchico che si faceva sentire solo attraverso la chiamata alle armi e le tasse (e qui si potrebbe dibattere per ore di quanto sia vecchia e dura a morire l’idea dell’antistato).
Il ritmo è scandito dal dialetto cosentino e, se è vero che, in alcuni casi si riesce ad evitare la descrizione del mafioso da fiction, in altre situazioni delle precisazioni linguistiche potrebbero essere organizzate meglio (ad esempio a pag. 29 ci si trova di fronte ad un corpo colpito che cade come un sacco di patate veraci della sila con conseguente effetto da “prosa da depliant turistico”) e qualche situazione è presa di peso da certi mafia movies e riadattata alla bisogna. In fase di editing sarebbe stata opportuna una maggiore ricerca della sobrietà, si sarebbe certo evitato il lirismo legnoso delle patate silane di cui sopra. A differenza dei personaggi di Ellroy e di Chandler i malandrini di Dionesalvi conservano dei tratti di umanità, anche se spesso scivolano nella bestialità (come nell’amplesso mimato nella cantina e nelle coltellate della festa di carnevale). L’autore sta alla larga da un qualsiasi giudizio morale, quasi un colpo d’occhio alla De Andrè ne La città vecchia (se non sono gigli/son pur sempre figli/vittime di questo mondo) che non riabilita ma in parte giustifica.
La città di Cosenza è descritta con amore, anche quando si tratta di parlare delle rive del Busento piene di immondizia e dei vicoli famosi di Cosenza vecchia. Dionesalvi è un profondo conoscitore della sua città e la disegna con nitidezza. In definitiva questo secondo libro di Claudio Dionesalvi ha una sua ragione d’essere ed il rinnovato interesse attorno alla mafia calabrese (interesse finora soddisfatto con passione del solo Arcangelo Badolati ma con un taglio decisamente più giornalistico) garantirà alla sua opera (credo o perlomeno mi auguro) un certo interesse. Alcune soluzioni lasciano perplessi ed ogni tanto emerge una certa fatica nel portare avanti la trama. Ma il romanzo non si spinge oltre le 87 pagine.
CONTRAPPUNTO
Dionesalvi cita la filastrocca “C’era ‘na vota e c’era Za’ popa ca cacava supra ‘na rota, a rota se sbunnata…”. Io la ricordo in un altro modo: Za Popa era “sutta ‘na vota, la vota s’è sciollata e Za Popa s’è cacata”. Il nonno era laghitano e cercava d’ingannarmi con una struttura ricorsiva: tu me guardi e ju ‘un l’ncigno. E la filastrocca looppava, cominciava (ncignava) mille volte senza poter andare avanti.
Michele Trotta
Calabria Ora, 31 gennaio 2008

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