L’eroina killer? Qui non esiste

Due morti d’overdose e numerosi intossicati in poche settimane. Giovanissime vite soffocate da una prostituta bianca che, come un’ape regina, spezza le sue vittime dopo aver offerto loro una manciata d’amore. Cosenza riscopre un fantasma che sembrava esorcizzato. Un nuovo spettro sociale calpesta il cemento ruvido della città. È “l’eroina-killer”, il feticcio negativo svenduto dai James Bond locali ai monumenti dell’informazione di massa, in cambio di quel soffio di notorietà che in una terra di provincia può sempre tornare utile. Come gli “immigrati violentatori” e “i coccodrilli che escono dal water”, il mito dell’eroina-killer penetra la fantasia popolare, mascherando l’intima natura del problema: l’incapacità diffusa di interpretare gli eventi e comprendere le reali cause dei fenomeni. L’eroina “tagliata male” è una comoda banalità, buona da mangiare, ma indigesta. E pensare che per conoscere piccole verità, basterebbe chiedere informazioni a chi le vive sulla propria pelle. Da una più attenta ricognizione sul marciapiede, infatti, emerge un dato inquietante: i casi di overdose si sono verificati tutti dopo il blitz della polizia a Gergeri.
L’operazione ha posto fine allo spaccio che dalla scorsa estate avveniva nel quartiere. È noto che la “roba” arrivava dalla costa jonica, attraverso un meccanismo di parentela che legava i trafficati di sostanza stupefacente. Ma una volta stroncata l’attività gestita da un’unica famiglia, chi ha preso in mano il mercato? E perché alcuni giovani consumatori di polvere proibita sono andati in overdose? A gestire lo spaccio, in questo momento, sono personaggi di quella che viene comunemente definita “malavita”. Gente svezzata, sopravvissuta alla guerra (allora sì, era una guerra), che è stata combattuta sul territorio cosentino negli anni ottanta. Fino a due mesi fa, i tossicodipendenti andavano ogni giorno in pellegrinaggio a Gergeri. Non avevano alternative. Oggi, invece, vige un regime di concorrenza. La polvere può essere acquistata nei rispettivi quartieri di provenienza e persino nei posti in cui teoricamente dovrebbe avvenire la disintossicazione. Una dose, pari a 100 milligrammi, costa 40mila lire.
A Cosenza circolano due varietà: la “caramellata” (facile da trasportare) e la più polverosa Sugar brown. Entrambe vengono importate dai Balcani. La “bianca”, meno impura e superiore alle altre, qui non arriva. Tuttavia, nel dopo-Gergeri è circolata in città una “roba” di alta qualità. Attenzione: non “tagliata male”, né “velenosa”, bensì più potente della varietà spacciata fino all’inizio di questa stagione. I consumatori, in precedenza abituati ad assumere psicofarmaci come il Minias per rendere più potente la dose giornaliera, si sono trovati spiazzati quando hanno iniettato nelle proprie vene una polvere più efficace del solito. Probabilmente, è stato questo cocktail a provocare i malori: l’eroina “buona”, accompagnata ai medicinali di sempre, ha trovato l’organismo impreparato, portandolo al collasso. Solo il pronto intervento dei medici, in un paio di casi, ha evitato il peggio. Ma purtroppo, invece di aprire un dibattito sulle responsabilità politiche della chiusura delle unità di strada attivate un anno fa per praticare strategie di riduzione del danno, a Cosenza si continua ad inseguire fantasmi.
Claudio Dionesalvi
Il Domani, 16 maggio 2000

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