Nicola Morra, il professore dell’Antimafia, con qualche lacuna

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Per comprendere appieno il personaggio occorre riavvolgere il nastro al 20 febbraio 2018. Quel giorno, a mezzanotte, il non ancora presidente della Commissione Antimafia si recava presso il Comando della Guardia di Finanza di Cosenza per depositare un Dvd contenente un’intercettazione ambientale avvenuta a casa sua. Cinque giorni prima, infatti, aveva invitato l’ex capo segreteria del sindaco di Cosenza Mario Occhiuto, coinvolto insieme allo stesso primo cittadino in un’intricata vicenda di presunti illeciti rimborsi ai danni dell’amministrazione comunale. A questo incontro avrebbe partecipato anche un perito del tribunale della procura.
Morra, pare all’insaputa dei presenti, registrava la conversazione durata 90 minuti per consegnare poi il file a un maresciallo della Finanza. Qualche ora dopo il procuratore aggiunto di Cosenza apriva un fascicolo e ordinava alla Gdf di sbobinare il contenuto della registrazione. L’episodio impiegava poco tempo a tracimare dalle stanze degli inquirenti, e sul gesto di Morra si scatenavano polemiche ed orientamenti contrapposti. Grande inquisitore o uomo dello Stato? Dilettante dell’Antimafia oppure coraggioso rappresentante delle istituzioni?
Di certo, solo qualche mese dopo Morra è diventato presidente della commissione parlamentare. Freddo, ultragiustizialista, pubblico fustigatore con tratti ieratici, membro della corrente «ortodossa» dei grillini, è nell’inner circle di Beppe Grillo. Rispondendo a Berlusconi che evocava lo spettro di una dittatura con i 5S al governo, Morra affermò: «La dittatura ci sarà e sarà durissima, la dittatura della legalità». Un uomo tutto d’un pezzo, cultore delle discoteche, questo ex professore di storia e filosofia dei licei, 50enne cosentino ma di origini liguri, in pochi anni è passato così dalle cattedre scolastiche a Palazzo San Macuto. Una galoppata impetuosa nei palazzi della politica per chi non se ne era mai occupato fino all’inizio di questo decennio. Significativo il salto dai 14 voti personali ottenuti a Cosenza alle comunali del 2011 ai 112.554 nel secondo collegio uninominale cosentino per il Senato nel 2018.
Nei meetup storici di Cosenza e Crotone qualcuno lo accusa di metodi da vecchia partitocrazia nell’imposizione di certi candidati a sindaco in Calabria. Scelte, le sue, peraltro rivelatesi fallimentari in termini di consensi. Da presidente dell’Antimafia si è distinto per una scarsa conoscenza della geografia ‘ndranghetista e della procedura penale. Pochi minuti dopo la notizia di una inchiesta ai danni del presidente della Calabria, Mario Oliverio, Morra si è infatti lanciato in un’incauta diretta Facebook in cui ha battezzato un nuovo e inesistente clan di mafia: il clan Barbieri. Non solo, ma ha poi spiegato che le accuse a Oliverio erano «definitive» perché convalidate da un Gip. Insomma, in un sol colpo ha liquidato il dibattimento e i tre gradi di giudizio. Il che restringerebbe le garanzie ma di certo, nella sua ottica, risolverebbe l’annosa questione della lunga durata dei processi. In questi mesi si ricordano alcune sue perle contro le libere professioni: il «bollino etico» per gli avvocati e il «daspo antievasione» per i commercialisti.
Ora il presidente dell’Antimafia, in corsa per il ministero dell’Istruzione, potrebbe tornare nel suo alveo naturale, quello della formazione scolastica. Anche a Cassano allo Jonio c’è chi ricorda il Nicola Morra valido docente che insegnava nel liceo. Due anni fa il consiglio comunale del popoloso centro ai piedi del Pollino è stato sciolto per infiltrazioni mafiose in seguito all’interrogazione con la quale lo stesso Morra, con altri parlamentari, chiedeva all’allora ministro dell’Interno Minniti la rimozione del sindaco e denunciava legami tra molti degli amministratori locali ed esponenti delle organizzazioni criminali presenti sul territorio. Tuttavia, priva di qualsiasi intervento sociale, la «bonifica» del consiglio comunale non ha sortito risultati lusinghieri. Suscita infatti preoccupazione negli ambienti investigativi il riesplodere di nuovi conflitti tra le ‘ndrine che nella Sibaritide da un anno a questa parte sono tornate ad uccidere, minacciare, incendiare, forse anche in conseguenza dei conflitti innescati dall’annunciato arrivo di nuovi finanziamenti destinati ad opere pubbliche come il terzo megalotto della Statale 106.
Per la cronaca, a Cassano un mese fa si è tornati di nuovo alle urne. E il sindaco rimosso è stato rieletto.
Claudio Dionesalvi, Silvio Messinetti

il manifesto, 28 dicembre 2019

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